mercoledì 20 novembre 2024

Tom Robbins

Irriverente e visionario come non mai, Tom Robbins costruisce un’articolata allegoria del potere e una parodia senza freni della ricerca di una vita per comprendere “il significato delle cose”. L’oggetto dell’estremo desiderio che coinvolge ogni protagonista di Profumo di Jitterburg è un profumo portentoso, rincorso da una variopinta umanità che va da una cameriera a Seattle a un immortale (o due) a Costantinopoli, da una regina di New Orleans a un uomo con una maschera da balena a Parigi, dato che “a questo mondo ci sono persone che posso indossare maschere a balena e persone che invece non possono”. La ricerca dell’essenza filtra attraverso i secoli così come negli spazi e sopra gli oceani: secondo la percezione di Tom Robbins “ci sono apertamente poche limitazioni di tempo o di spazio per i viaggi della psiche, e soltanto l’ispettore di dogana assoldato dalle nostre inibizioni pone limiti a ciò che ci si può portare dietro quando rientriamo nella quotidiana coscienza”. Le frontiere saltano subito: Kudra e Alobar, due personaggi centrali, “incerti, intrepidi, forse immortali, decisamente innamorati”, partono quando “la terra era ancora piatta e la gente sognava spesso di precipitare giù dal bordo”, passano per l’Himalaya approfondendo il Kamasutra e, in compagnia del dio Pan, vagano fino alla terra promessa, ovvero l’America. Nel frattempo passano i secoli e sull’affollatissimo palcoscenico di Profumo di Jitterburg vanno in scena Descartes, Einstein, Mary Quant, l’impero romano e il cristianesimo, l’estinzione dei dinosauri e di tutto e di più secondo l’insindacabile regola per cui “il mondo è un puzzle e la vita un cappio”. Per di più, allo spasmodico inseguimento del profumo si sovrappone l’apparizione delle barbabietole, un tubero con una sua peculiare caratteristica che, alla fine, sarà risolutoria. “L’aroma del paradosso” è il vero Profumo di Jitterburg, un romanzo caotico e scoppiettante che è un tutto: provocatorio e incongruente, ma con un suo specifico motivo, una mappa mentale che si dipana secondo progressi ineluttabili, ma anche imperscrutabili. Un ordine c’è ed è quello dello scrittore, della sua particolare percezione del mondo, capace di scompigliare le trame, quel tanto “da complicare un po’ la storia. Se a una situazione non si riesce a estrarre alcun lume, tanto vale estrarci un po’ di spasso”. Profumo di Jitterburg è un romanzo portentoso, che ribolle di comicità, erotismo, miti “che spiegano il mondo” e leggende che lo confondono. Ogni personaggio è “il re di se stesso” e, con ogni singola voce, si attorciglia attorno a una forma erudita e cosmopolita, eppure chiarissima e divertente. A volte fin troppo, e non è sempre agevole seguire il filo del discorso, ammesso che ce ne sia uno, ma il ritmo è pazzesco e coinvolgente. Digressione dopo digressione, Tom Robbins crea universi di parole, ben consapevole che “forse la cosa più terribile (o meravigliosa) che possa succedere a una giovane persona piena di immaginazione, a parte la maledizione (o benedizione) dell’immaginazione in sé, è venire a contatto, senza esservi preparata, con la vita al di fuori della propria sfera, l’improvvisa rivelazione che c’è per l’appunto qualcosa là fuori”. Il trucco è precipitare in libertà dentro una voragine di storie che si accavallano una sopra l’altra: Profumo di Jitterburg è un’odissea pan-aromatica e psichedelica nel senso più esteso del termine, con un gran finale nel carnevale del Mardi Gras, tra jambalaya e champagne, e non poteva esserci destinazione più accurata.

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