C’è
un equivoco sostanziale nel titolo, perché l’impresa che vorrebbero portare a
termine Bill Bryson e il suo amico Stephen Katz non è proprio Una
passeggiata nei boschi semplice
semplice. Oltre tremila chilometri seguendo i crinali dell’Appalachian Trail,
dalla Georgia al Maine, sono qualcosa più simile ad un’odissea che a una gita
domenicale e non tanto perché tra gli alberi si può nascondere una congrega di
streghe o chissà quali altre spaventose leggende, ma perché come annota subito
Bill Bryson “le foreste non sono spazi qualsiasi. Tanto per cominciare, sono
spazi cubici. Gli alberi ti circondano, ti guatano, premono da ogni lato, ti
impediscono la visuale, lasciandoti intontito e privo di punti di riferimento.
Ti fanno sentire piccolo, confuso e vulnerabile, come un bambino sperso in una
folla di gambe estranee. In un deserto o in una prateria si ha la sensazione di
uno spazio vasto. Ma di una foresta si può solo avere sensazione. Le foreste
sono non luoghi, vasti e senza forma. Vivi”. Attraversarle per sfida, senza
un’adeguata preparazione, e con un compagno di viaggio poco meno che
disastroso, è la vera impresa. Bill Bryson la racconta con una certa verve e Una
passeggiata nei boschi è un libro
piacevole, a volte persino divertente, sempre scorrevole con quel suo continuo
alternare diario di viaggio e saggio storico. Bill Bryson, perfettamente a suo
agio in questo strano ibrido, ha anche mestiere da vendere, ma resta
l’impressione, già percepita nei precedenti accumulati con America perduta, che non voglia o non possa andare in profondità nel
raccontare il territorio americano, come hanno fatto in modi diversi, senza
tante pretese ma in maniera più avvincente, William Least Heat-Moon in Prateria o Jonathan Raban in Bad Land. E’ diverso il tono, come se Bill Bryson guardasse
l’America da un oblò, quindi con una visione ristretta, univoca e monocolore.
Con troppo distacco per essere convincente, Una passeggiata nei boschi è un viaggio con un obiettivo dichiarato proprio dove,
come se ne accorge ben presto Bill Bryson, mancano i punti di riferimento.
Essendo un umorista, l’ironia gli torna utile nell’affrontare le difficoltà del
viaggio, ma spesso rimane l’unico strumento a sua disposizione e si perde di vista il tema centrale,
che poi è, nella sua essenza, una specie di mito. Rispetto ad America
perduta, con Una passeggiata nei
boschi, Bill Bryson ha alzato il
tiro, perché tra l’avvistamento di un alce e una disgressione sulla qualità di
un certo tipo di zaini, offre anche ampi squarci di piogge acide, specie in via
d’estinzione, disboscamenti forsennati, fabbriche e miniere che distruggono
intere montagne o città. Sono le parti più illuminanti perché, superano una
visione paesaggistica e olografica della wilderness per spiegare che “niente
dura, in America”. Nemmeno le foreste secolari: figurarsi che speranze hanno
gli episodi, gli aneddoti e le nozioni da escursionista che costituiscono gran
parte di Una passeggiata nei boschi.
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