Il fitto patchwork di cui è
composto Il pretendente americano è uno
squarcio postmoderno ante litteram, caotico e allegro andante, un laboratorio
di idee che rivela una pantomima del potere e dei simboli di cui si nutre e con
cui si manifesta. Parecchio visionario, anche rispetto ai suoi personalissimi
standard, l’azzardo di Mark Twain ha ancora, in tutta la sua spontanea
esuberanza, una specifica attualità nell’irridere i luoghi comuni e le
convenzioni che reggono le strutture della civiltà così come la conosciamo,
dalle scale gerarchiche alle (inamovibili) caste, dai governi agli strumenti di
comunicazione. Qualcosa ricorda, fatte le debite proporzioni geografiche e
temporali (Mark Twain ci arriva giusto con mezzo secolo di anticipo) e prese le
adeguate misure stilistiche, Il gattopardo,
almeno nel concetto essenziale che sta nel nucleo effervescente del romanzo.
Attraverso le gesta di Mulberry Sellers, indomito ed esperto sognatore, nonché
quelle di Howard Tracy, aristocratico inglese alla scoperta della democrazia
americana, e le loro molteplici forme d’espressione “il lettore è invitato a
sfogliare le pagine e, di volta in volta, a servirsene man mano che procede
nella lettura”, per ritrovarsi nell’ennesima rappresentazione delle distorsioni
del potere costituito, e della sua corruzione. Le immagini valgono per le
“impressioni d’America”, e così a tutte le latitudini immaginabili: il gusto
provocatorio rimane tale e quale perché, come dice lo stesso Mark Twain, Il
pretendente americano “finora è stato sulla scena
senza problemi; quindi corriamo di nuovo il rischio, questa volta sentendoci
abbastanza al sicuro perché tutelati dall’istituto della prescrizione”. Con
questa fondamentale premessa Mark Twain ha lasciato esplodere i fuochi
d’artificio della sua immaginazione così come quella di Mulberry Sellers,
rendendo Il pretendente americano un romanzo
atipico, estremo, coraggioso, spigoloso e ironico, almeno quanto irriverente.
Anche per questo è un libro che ha avuto bisogno di parecchi anni per essere
compreso, così come è riuscita a identificarlo Bobbie Ann Mason: “Il
pretendente americano è un enorme divertimento. Sono
qui a celebrare la folle energia di questo strano romanzo. In esso abbiamo il
piacere di vedere la fantasia di Mark Twain andare addirittura fuori di testa”.
E’ così, Il pretendente americano è Mark
Twain al cubo, più libero e spiritato che mai: la sua composizione prevede
diversi toni e forme che si alternano e si sovrappongono, seguendo un percorso
tortuoso, non sempre agevole. Anche dal punto di vista stilistico, Mark Twain
elude tutte le gabbie, procedendo per variazioni improvvise, salti spaziali e
temporali, sempre con un ghigno insistente e ricorrente tra le righe, compreso
lo spostamento, in blocco, delle condizioni climatiche in un’apposita
appendice, scombinando fino alla fine anche le impostazioni del libro in sé.
Una piccola curiosità: è anche il primo romanzo dettato al fonografo da Mark
Twain e una certa corrosività sembra averne giovato.
Nessun commento:
Posta un commento