"La gente qui è diventata la gente che fa finta di essere" diceva Sam Shepard mentre si aggirava nella Los Angeles delle sue ormai leggendarie Motel Chronicles. Esattamente: quella fabbrica di sogni e illusioni che risponde al nome di Hollywood sembra aver contagiato tutta la metropoli e allora chiunque interpreta più ruoli, ma tutti sono in cerca del colpo grosso, quello che ti cambia la vita. Per sempre. Sapessero quello che sa Driver, ovvero che "la vita non fa altro che mandarci dei messaggi, e poi resta a vedere, sghignazzando, com'è che non riusciamo a capirci un accidente", non starebbero a dannarsi l'anima più di quel tanto. Driver vive così: guida (con quel nome lì, evidentemente) le macchine nelle scene più pericolose, le tiene su due ruote, le fa saltare, le fa roteare, tutto il catalogo di follie stradali che il cinema ci ha propinato da Thunder Road (un punto di riferimento per Driver) in qua. Ogni tanto, un po' perché le macchine sono una vera passione, un po' perché ci finisce dentro, guida anche per qualche rapina. Niente di colplicato: un ufficio postale, un banco dei pegni, quattro soldi e via. Quello che è strano e molto curioso è che tutto il suo lavoro gli porta via qualche ora e il resto è sempre attesa. Così, per evitare al minimo i guai Driver ha scelto un profilo bassissimo: si concede di mangiare e bere bene (l'elenco dei posti allineati da James Sallis potrebbe, con i relativi menù, riempire una guida gastronomica), ma poi se ne torna nei suoi appartamenti in affitto, disadorni, scarni e forse anche un po' tristi come il suo stesso tran tran. Non è il primo ad essere solo in una città di dieci milioni di persone, ma sembra essersi abituato o almeno si è fatto una ragione quando dice: "il mondo è pieno di posti che sono vere e proprie sacche di esistenza, dove non cambia mai niente o quasi. Come golene". Invece qualcosa cambia perché proprio mentre aveva conquistato la fiducia di una piccola e strampalata famiglia, se la ritrova massacrata durante un tentativo di rapina. Essendo stato prescelto come autista, è testimone di un intreccio di parti e ruoli che non può funzionare nemmeno in una città fondata sulle sceneggiature più astruse. E' in quel momento che Driver smette di guidare (almeno per il cinema) e diventa qualcos'altro o, forse, riscopre un vecchio ruolo che sembra conoscere molto bene. Grande romanzo che ruota attorno al tema dell'identità e alle sue deformazioni, Drive è un noir che scorre come un inseguimento mozzafiato con momenti lirici che ricordano persino il miglior Raymond Chandler, ma se si vuole un paragone, almeno in termini di atmosfera e tensione, bisogna tornare a Vivere e morire a Los Angeles di William Friedkin. Due modi per raccontare la stessa, disarmante solitudine di una città che, non dimentichiamolo, è costruita nel deserto.
Nessun commento:
Posta un commento