Sul border tra Messico e
Stati Uniti si giocano molte partite, tutte distinte da un’ambiguità
di fondo, perché “i capitali, come del resto l’inquinamento,
possono fluttuare liberamente lungo i confini, la forza lavoro
migrante si scontra invece con una criminalizzazione e una
repressione assolutamente senza precedenti”. Non c’è muro che
tenga: come sottolinea Mike Davis la “linea” e la “frontera”
funzionano come una diga che regola l’afflusso di merci (legali e
non) e mano d’opera a bassissimo costo. La condizione dei latinos è
quella che ripropone le condizioni primordiali di ogni emigrazione:
disorientamento, sfruttamento, emarginazione, proprio in quest’ordine
perché “sono prima di tutto i dannati della terra, l’esercito
invisibile di braccia e corpi che si consumano nella rete di
maquiladoras sul lato sempre sbagliato del confine”. E’ soltanto
l’inizio di un puzzle in evoluzione, complesso e disordinato,
difficile da decifrare, che Mike Davis ha la capacità di rendere
fluido, affrontando superficialità e apparenza con un’ostinata
aderenza ai dati, ai riscontri e alle testimonianze. Il travaso di
latinos aggiunge una nuova massiccia componente nel complicato
equilibrio del continente americano, trattandosi di “un formidabile
motore demografico: una popolazione ispanica che cresce a ritmi di un
milione all’anno, dieci volte più veloce di quella anglo”. Le
barriere sono inutili e la tropicalizzazione degli spazi urbani è un
processo inevitabile perché essere latino è “non un’essenza, ma
una storia”. La definizione di Octavio Paz aiuta a comprendere,
meglio di ogni analisi antropologica, come “gli elementi complessi,
spesso conflittuali, presenti nelle preesistenti forme identitarie
dei migranti, che comprendono accanite fedeltà subnazionali di
carattere regionale o locale, così come profonde divisioni
ideologiche tra subculture essenzialmente religiose e altre
secolarizzate e radicali, vengono strategicamente ricomposte, e di
frequente amplificate, in etnicità manipolabili, che entrano a loro
volta in competizione con le rivendicazioni e le pressioni di altri
gruppi costruiti in modo analogo”. Il riflesso condizionato ai
crescenti contrasti prodotti dall’arcobaleno dei latinos è
“ricorrere/alludere a una forma culturale originaria e autentica è
esattamente quanto fa chi tra i bianchi, e sono molti, si sente
minacciato; chi dai tranquilli e dorati suburb di Los Angeles,
piuttosto che di San Diego, vede e teme la presenza di illegal aliens
come un’orda animale, coyote la cui semplice e invisibile esistenza
ai margini costituisce elemento inesorabile di disturbo e paura”.
In questo senso, Mike Davis ha un riguardo particolare alle tematiche
linguistiche dall’imposizione (nemmeno tanto mascherata)
dell’inglese all’ibrido dello spanglish che unisce tutti i
latinos. Un paradosso che non sfugge a Mike Davis perché è un
derivato dallo spagnolo, la lingua dei primi colonizzatori: “Tutta
la riflessione postcoloniale si sviluppa intorno alla
possibilità-necessità di pensare gli attuali equilibri (e
squilibri) globali come effetti più o meno diretti dell’esperienza,
sotto certi aspetti intrascendibile, del colonialismo. Rispetto a
questa cesura storica, storicamente definita e conclusa ma ancora
apertissima nelle conseguenze, ogni transizione si dimostra parziale,
e sconta un campo segnato all’origine da dominazione, sfruttamento
e soprattutto da confini, differenze e identità che sono prima di
tutto riflessi imposti dall’occidente. Da una simile cartografia
emerge una dimensione culturale necessariamente ibrida, in cui forme
di vita ed ecologie locali vengono riattivate strategicamente come
risposte alla dominazione, situandosi negli interstizi, nelle
fratture e nelle disgiunture dell’ordine che, senza soluzione di
continuità, salda l’esperienza coloniale a quella globale. In
questo senso la realtà culturale postcoloniale riflette una più
generale dimensione diasporica, una continua oscillazione tra forme
di ripiegamento in politiche dell’identità locale, assolute e
assolutiste, e forme di assimilazione altrettanto imposte”.
Un’analisi puntuale, precisa e valida anche ad altre longitudini e
latitudini.
Nessun commento:
Posta un commento