Pur
essendo molto distanti dall’epopea di Moby Dick, perché
sono episodi che appartengono al suo periodo giovane e selvaggio, i
Frammenti di uno scrittoio sono rappresentativi di uno stile
destinato a diventare unico. Non soltanto con l’esuberante carica
per cui D. H. Lawrence dirà che “in effetti Melville è un tantino
sentenzioso, e così cosciente e anche teso a convincere se stesso”
o per le citazioni di Shakespeare, Milton, Byron, Scott, Coleridge
ostentate nei due racconti. In prospettiva, i Frammenti di uno
scrittoio sembrano germi primordiali in cui Melville asseconda il
motto di Friedrich Schiller (“Sii fedele ai sogni della tua
giovinezza”) e lo traduce in una narrazione spumeggiante, per
quanto ancora grezza e acerba. La dimensione onirica tout court delle
“lungaggini” di Melville è palpabile, richiamata spesso nelle
descrizioni che sono floride e voluttuose: “Candelieri di disegno
estremamente fantasioso, pendenti dall’alto soffitto con funi
d’argento, diffondevano su questa scena voluttuosa una luce morbida
e temperata, e trasmettevano all’insieme quella bellezza di sogno
che vuol essere vista per essere pienamente apprezzata. Specchi di
grandezza inusuale, moltiplicando in tutte le direzioni i bellissimi
oggetti, illudevano l’occhio con le immagini riflesse e ingannavano
la visione con un lungo scorcio”. Una caratteristica che poi
resterà, ampliata e centellinata con maggior precisione, tanto è
vero che D. H. Lawrence dirà ancora che “il Melville migliore
scrive in una specie di sogno soggettivo, cosicché gli eventi che
gli ci narra hanno una strettissima relazione con la sua anima e la
sua vita profonda”. La vita è sogno ed è suono e i Frammenti
da uno scrittoio mettono già in risalto la natura tambureggiante
della scrittura, che poi John Freeman definirà così: “Una delle
maggiori qualità di questo genio è il suo orecchio per il ritmo.
Melville aderisce alla superba tradizione degli scrittori
anglosassoni: la tradizione di una prosa scritta per l’orecchio più
che per l’occhio”. Questo è già evidente fin dagli scritti
giovanili come emerge nel primo dei due Frammenti da uno scrittoio
quando Melville dice: “Sento che le mie capacità sono
inadeguate alla bisogna; proverò tuttavia a cimentare la mia mano
sull’argomento sebbene, da inesperto pittore qual sono, temo che
riuscirò solo a scandalizzare le grazie che sto tentando di
rappresentare”. La promessa, si sa, sarà mantenuta, vagabondando
tra le frasi con un coraggio per e nella prosa che lo spingerà a
scelte radicali nella vita. Alla fine, anche nei Frammenti da uno
scrittoio si trova, come scriveva Gianni Celati “il procedere a
tentoni delle parole verso questi deserti, luoghi di voci e richiami
dell’anima, con la grazia del grafomane e del manierista, ma anche
sempre con questo lancinante senso di un’apertura in tutte le
direzioni, che non arriva da nessuna parte”. Un mese dopo Herman
Melville salperà e da lì in poi il sogno diventerà un’ossessione,
per lui e per tutti: “Cavatevi gli occhi per cercarla, ragazzi:
guardate bene se vedete acqua bianca: se vedete anche solo una bolla,
segnalate”. Siamo sempre in mare aperto, la caccia continua.
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