Quella
di Bernard Malamud è una percezione molto raffinata e nello stesso
tempo umanissima della letteratura, introdotta come “una
benedizione capace di sanguinare come una ferita”. Dal punto di
vista dello scrittore, così come sull'altra riva del fiume, dove è
seduto il lettore, il tema è lo stesso perché, “raccontare storie
è un modo per trovare, passo dopo passo, il significato della vita.
E' una possibilità per immergere la punta delle dita nel mare
dell'esperienza e portare a galla la sostanza, portare su la
scrittura, nascosta, per poter raccontare quello che hai fatto e
quello che ti senti di dover dire”. Per me non esiste altro
è una felice antologia di riflessioni che, nonostante la forma
frammentaria e spicciola rende evidente una coerenza che non si
improvvisa, un'aderenza a quei valori, letterari (e non), che
impongono “uno sviluppo estetico e morale, dove estetica e morale
diventano una cosa unica”. Un'opera d'arte è “una collezione di
probabilità” e Bernard Malamud assegna quattro punti cardinali
molto solidi per riconoscere le fonti primordiali: “rabbia,
disgusto, amore, comprensione” sono le direzioni ineludibili da cui
si dipanano le sue coordinate letterarie perché poi “un artista
scrive una tragedia perché la gente si ricordi che è umana. Ci
mostra condizioni reali. Struttura per noi il significato della
nostra vita, in modo che ci balzi chiaro agli occhi”. La
trasmissione dell'intima conoscenza della scrittura è, in assoluto,
la più costruttiva, ideale e nello stesso tempo realistica che si
possa immaginare, anche tenendo che “per essere realisti serve
immaginazione”. Lo scintillante paradosso di Bernard Malamud,
cinque parole per condensare il senso di una visione artistica, non
nasconde le esigenze più intime della scrittura in sé. Quando dice
Per me non esiste altro, Bernard Malamud non evoca nessuna
immagine romantica dello scrittore, né quella estatica né quella
sofferente perché la sua attitudine è quella lineare, semplice,
diretta di chi sa bene che “scrivere, lavorare da soli per creare
storie, comporta molti inconvenienti, ma è decisamente un buon modo
per vivere la solitudine”. Non c'è un altro modo ed è l'unico
imperativo, o meglio, un'accorata raccomandazione a rivelare
l'idea definitiva, il profilo in alto rilievo dello scrittore secondo
Bernard Malamud. Il suo compito è descritto in modo essenziale,
lapidario: “Lo scrittore deve affrontare il fatto che entra in una
stanza, e che è meglio che vada in quella stanza, è meglio
che chiuda quella porta, è meglio che stia lì dentro ed è
meglio che scriva, e, qualsiasi cosa succeda, non parli mai
con nessuno”. Bernard Malamud si concede invece con generosità,
spiegando la funzione del romanzo e le possibilità del racconto, le
necessità della trama e quelle dei personaggi, ed è una fonte più
che autorevole avendo speso un'intera vita per comprendere che
“un'opera d'arte non è mai finita, ma a un certo punto dev'essere
semplicemente abbandonata”. C'è molto di più in Per me non
esiste altro, persino i segreti del lettore, oltre a quelli dello
scrittore, anche se poi è sempre lì, per forza, che Bernard Malamud
ritorna e ritorna perché “la scrittura è una cosa così fragile,
ed è strettamente legata alla capacità di continuare a mantenere
vive delle illusioni”. Un piccolo libro, una grande lezione.
Nessun commento:
Posta un commento