Il presupposto
è decisamente ambizioso: capire cosa succede quando un evento musicale diventa
oggetto, cioè viene riprodotto, distribuito e consumato in tutto il mondo. Un
tema di scottante e rilevante attualità vista l’involuzione globale del mercato
discografico e soprattutto la sua frammentazione che porta a limitare il
significato di ogni singolo disco riducendolo ad un puro e semplice dato
statistico, quale che sia la forma assunta. Evan Eisenberg, critico musicale
americano dai molteplici interessi (dall’economia alla medicina alla
filosofia), ha affrontato il problema, meglio specificato nel brillante
sottotitolo di L’angelo con il fonografo, Musica, dischi e cultura da
Aristotele a Frank Zappa, in due saggi che
con eccellente lungimiranza e altrettanta precisione ha riunito in un unico,
sostanzioso volume. Una scelta coraggiosa, in tempi di piagnistei editoriali e
discografici, perché propone una visione approfondita ed erudita del consumo
musicale senza per questo incappare in ipotesi intellettualoidi o in assurdi
voli pindarici. Ovviamente, però, L’angelo con il fonografo non si presta ad una lettura casuale perché scandire
il tempo della musica e della sua fruizione da Teognide a Chuck Berry
presuppone una conoscenza dettagliata non solo dell'argomento specifico ma
anche di tutte le tematiche che in un modo o nell'altro gli sono strettamente
collegate. “La musica è solo suono” scrive all’inizio di L’angelo con
il fonografo Evan Eisenberg ma poi, pagina
dopo pagina, si accorge (e il lettore con lui) che questa misteriosa vibrazione
ha raccolto nel corso degli anni e dei secoli l’attenzione di filosofi, poeti,
narratori, scienziati, artisti e commercianti. Il lavoro di Evan Eisemberg è
stato essenzialmente di raccordo, un’operazione molto postmoderna capace di
realizzare un puzzle in cui si inseriscono senza particolari strappi opinioni
di Platone (“La musica agisce sull'anima imprimendo direttamente
sull'ascoltatore le proprie qualità spirituali, qualità a loro volta ispirate
dall'anima che la musica imita”) fino a un più prosaico Jim Miller (“Fuggivo da
scuola per rifugiarmi nel santuario della mia stanza dove scegliendo un singolo
potevo evocare un mondo. Il rock’n’roll per me era questo”). Tra questi estremi
corrono quattrocento pagine e un tale numero di domande e di risposte, di
suggerimenti e di proposte che è persino difficile dare un quadro complessivo
di cosa rappresenti effettivamente L’angelo con il fonografo. Un dato certo è che Evan Eisenberg ha costruito la
più completa storia della discografia e per molti versi anche il più eccellente
saggio sul consumo musicale che sia mai stato pubblicato. In particolare per un
motivo che fa pensare più di ogni altra citazione filosofica (e ce ne sono
parecchie) ed perché Evan Eisenberg tratta con pari dignità e con eguale
competenza e riportandoli al centro dell’attenzione Otis Redding e Edgar
Varèse, Robert Johnson e Johann Sebastian Bach, classica e rock’n’roll, blues e
cacofonia, Bob Dylan e Glenn Gould.
Nessun commento:
Posta un commento