L’halftime è l’infinito intervallo tra i due
tempi dei più importanti show sportivi. E’ un tempo di mezzo in cui può
succedere di tutto, da un concerto di Bruce Springsteen & The E Street Band
all’annuncio straordinario dell’inizio di una nuova guerra: un modo come un
altro per tenere incollati decine e decine di milioni di spettatori televisivi
in attesa che ricominci lo spettacolo, piazzando sponsor e stacchi pubblicitari
uno dopo l’altro. Per l’halftime del Thanksgiving in un imprecisato anno dal
2003 in poi, oltre allo show delle Destiny’s Child, è prevista l’apparizione
della squadra Bravo o di ciò che ne rimane: una sparuta pattuglia di soldati
americani che qualche giorno prima è stata protagonista di uno scontro a fuoco,
finito in modo fortuito su tutte le reti televisive. Li chiamano eroi e sono
soltanto ragazzi, non hanno nemmeno vent’anni, che vengono catapultati dal
sangue e dalla polvere dell’Iraq alle luminarie e agli ologrammi,
all’eccitazione e all’illusione collettiva dell’halftime che non sono meno
devastanti. La squadra Bravo è un totem, deve diventare un film, sarà un affare
per tutti, una perfetta storia americana. Qualcosa non funziona come dovrebbe,
c’è un eccesso di falsità nell’aria, un po’ troppo anche per un momento
costruito dettaglio dopo dettaglio come l’halftime e il primo ad accorgersene è
proprio Billy Lynn quando dice che “è molto meglio starsene laggiù a sparare e
a far saltare in aria le cose piuttosto che gironzolare come comparse in una
pessima sitcom”. La lapidaria constatazione è solo la miccia che sottolinea una
tensione costante, a tratti insopportabile tanto è tagliente. Ben Fountain usa
il ritmo frenetico della scrittura per riprodurre con una certa fedeltà
l’iperattività, i luoghi comuni e l’atmosfera complessiva dell’America in
guerra dopo l’11 settembre (2001). Se l’halftime appare surreale nel romanzo è
perché anche “l’assurdo è il nuovo normale”, per quando non sia del tutto
agevole trovare un senso alla definizione di “normale”. La costante generazione
di mondi paralleli, la confusione esponenziale dei valori il cui senso è stato
consumato dall’infinita ripetizione, la sovrapposizione della guerra e del
football, delle decisioni prese a Washington e rappresentate a Hollywood,
inglobano i giovani e disorientati soldati nella società dello spettacolo. Solo
che dietro le uniformi tirate a lucido, dietro le medaglie e dietro le
tonnellate di iprocrisia si nascondono spirali di tenebra e di paranoia, di
paura e di noia, di disperazione e di pura e semplice follia. D’altra parte,
l’America è “la chiesa di ciò che è”, ed è sempre halftime: lo show non si può
fermare e ognuno deve coltivare la solitudine del proprio destino, anche in uno
stadio sold out e in diretta televisiva nazionale. Scoppiettante, irriverente,
il più delle volte trascinato dalla verve di Ben Fountain, che riesce
nell’impresa di rendere la vacuità e l’amarezza che Billy e i suoi compagni di
sventura attraversano, è un romanzo scomodo e necessario.
Nessun commento:
Posta un commento