È il giugno del 1954 quando The Browns pubblicano il loro primo singolo, Looking Back to See. Il mese dopo Elvis arriva con That’s All Right e Blue Moon of Kentucky e niente sarà più come prima. Le loro storie si ingarbugliano nel corso degli anni, ma Nashville Chrome è dedicato in particolare proprio ai fratelli Brown che, prima di intraprendere la carriera di musicisti, sono parte di una famiglia di Poplar Creek, nel profondo rurale dell’ Arkansas. Rick Bass li presenta così: “Maxine era la più grande, Jim Ed aveva due anni meno di lei, Bonnie cinque, Raymond sette e poi era venuta Norma, che aveva dodici anni meno di Maxine”, e fate voi i conti. È una vita dura, povera, limitata, ma i ragazzi imparano “l’armonia temperata” ascoltando le lame della segheria del padre e nell’occasione la descrizione di Rick Bass arriva a livelli sublimi, nell’accertare che “quel sound era così legato alle forze della natura che avrebbe potuto scegliere chiunque”. Scelse loro e “nell’architettura del mito o del destino”, diventarono The Browns incisero e andarono in tour e capirono ben presto che “non c’erano confini impossibili da attraversare e nessun attraversamento sarebbe mai stato facile. Avevano già imparato tutto ciò che dovevano sapere per il loro viaggio”. La magia delle voci, le canzoni, le standing ovation, Nashville, l’America che gli si apriva davanti erano la dimostrazione che “il mondo gli calzava a pennello, ma al contempo viaggiavano appena al di sopra di esso, creandone uno nuovo e alternativo, vivendo ogni giorno avventure parallele a quelle del mondo sottostante, ma più luminose, vivide, sentite”. Poi, quando si accorgono che Fabor, il manager con cui hanno firmato il più classico dei contratti capestro, li ha presi in ostaggio, capiscono che “era come andare al macello” e cominciano a sentire “il sussurro del tradimento, il sussurro del fallimento”. La carriera dei Browns è un’altalena di emozioni e contrasti, che Rick Bass riporta con molto scrupolo e facendo attenzione anche all’evoluzione degli strumenti di comunicazione. Appartenevano al mondo delle radio, mentre la televisione li mise su un piano inclinato: “Era ancora una cultura dell’ascolto più che visiva, almeno per quanto riguarda il modo in cui la gente si divertiva e si rilassava alla fine di una lunga giornata di lavoro in fabbrica, esausta dopo avere arrancato per un altro giorno allo scopo di avvicinarsi a quel po’ di benessere, se non di ricchezza, che finalmente sembrava possibile raggiungere”. Il country & western era un fatto sociale, prima di essere un mercato, e il ruolo della musica popolare e tradizionale aveva un valenza specifica. La genuinità, un tratto ricercato e dimenticato, veniva apprezzata da tutti, e da Elvis in particolare, con cui i Browns diventeranno amici (Bonnie, qualcosa di più). L’altro compagno di viaggio, Chet Atkins, grande chitarrista e un raro gentiluomo nell’industria discografica, gli salverà la carriera. Andranno in cerca di quella seconda possibilità che spetta di diritto a ogni buon americano, ma per loro il ciclo di ascesa e caduta, come per Elvis, tra l’altro, non riserverà sorprese. Le digressioni di Rick Bass sulla fama e sulle oscillazioni della vita sono il sale di Nashville Crome: la routine è impietosa, non soltanto in termini di estenuanti tour, pessima gestione degli affari e abusi alcolici. Le dinamiche famigliari e di gruppo non coincidono e, anzi, spesso collidono ed è lì che Nashville Chrome svela “come se ci fosse ancora un conto in sospeso, un prezzo da pagare eccessivo, terribile, commisurato a tutta quell’estasi passeggera”. Rick Bass alterna e movimenta i piani cronologici e in tempi più recenti Maxine si chiede: “La riproverà mai, la sensazione di essere notata e la certezza di essere la star?”. La domanda rimane sospesa su tutto Nashville Chrome, come una nota splendida, ma sgusciata fuori dalla canzone. Restano un’ultima amara visita a Graceland, un abbaglio con i Beatles, e le ombre che calano su tanti momenti di gloria, e chissà se erano stati davvero felici. Basato su una storia vera (The Browns continueranno fino al 1967), Nashville Chrome non rilegge soltanto la storia del country & western, ma indaga a fondo sui meccanismi dell’industria discografica, cliché dopo cliché, sui riflessi psicologici (che Rick Bass racconta con punte di assoluto lirismo), sul ruolo degli artisti, dei cantanti e del pubblico, sulle rispettive esigenze e sulle dinamiche che regolano, allora come oggi, il sogno del successo e la realtà dentro quel sogno. Fondamentale.
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