Un vortice di personaggi dentro una pozzanghera nera chiamata Los Angeles (l’inizio e la fine di tutto) che poi si allarga verso Chicago, Las Vegas, Miami, un’ombra chesi allunga la storia fosca degli Stati Uniti nei Caraibi dove pare abbiano trovato il cuore di tenebra e la linea d’ombra, insieme di quella che è (in effetti) un’idea distopica dell’America. Pur non essendo un romanzo storico, Il sangue è randagio collima e incastra fatti e cronache e se in quegli anni torbidi il leitmotiv era legato alla consapevolezza, leggendo James Ellroy si capisce che nessuno era consapevole di ciò che sta accadendo. E’ il 1968, la parola chiave è collusione e per favorire prima l’ascesa e poi la conferma di Nixon, prende forma una folle, convinta e ambigua volontà di assemblare piani, trame e operazioni segrete. Uno dopo l’altro, tutti confezionano, conservano, collezionano dossier per proteggersi, per attaccare, per difendersi e con la scusa che “per il dissenso c’è un prezzo da pagare”, li usano per contrastare le proteste contro la guerra del Vietnam e per i diritti civili. Attorno a quelle attività illegali, prolifera un mondo parallelo, oscuro e spietato che si nutre dell’ipocrisia e della corruzione come elementi principali della miscela di una società predatoria e convinta fino al midollo che il razzismo, non soltanto verso i negri, ma con tutti, possa essere il collante di una nazione. Compresi gli oggetti stessi che sono al centro degli intrighi e delle macchinazioni di Il sangue è randagio: la distribuzione dell’eroina nei ghetti delle metropoli americane, gli interventi a Haiti e nella Repubblica Dominicana sono un parte considerevole dei gironi infernali in cui James Ellroy immerge il lettore, senza possibilità di appello. Una volta partito, Il sangue è randagio è impossibile fermarlo: nel suo vortice immaginifico, e nello stesso tempo ancorato alla realtà (peraltro ormai convalidata da tutte le analisi storiche) le contorsioni del potere, le sue assurdità, le sue maschere prendono le sembianze di spie addestrate al doppio e triplo gioco, infiltrati, informatori, delatori, spacciatori, mercenari, agenti, investigatori, femme fatale. L’elenco dei nomi è infinito e costituisce una sorta di romanzo nel romanzo perché ognuno è “l’anello di congiunzione tra causa ed effetto”, una connessione dove, il più delle volte, il risultato è la morte, ovvero l’omicidio, di qualcun altro. Le moltitudini di personaggi attraversano Il sangue è randagio come una piaga biblica, e cercando “di creare un’adeguata convergenza ed elaborare un’ipotesi credibile”. macinano, sbriciolano, devastano senza concedere nulla, senza correggere gli appetiti. La voracità è insaziabile, cannibale e suicida, ma anche cosciente del suo infausto destino, quando qualcuno ammette che “eravamo innocenti, allora. Adesso tutto il mondo ci odia”. Non è facile tenere testa a James Ellroy perché è animato da una ben strana generosità, nel senso che non risparmia niente, scruta nelle ombre, non cede mai alla tentazione di censurarsi e abbonda con i punti di vista anche se, in definitiva, quello che conta è soltanto uno, il suo. Non spiega, non racconta: trascina dentro un flusso inarrestabile, tanto è vero che, un po’ per gli additivi, un po’ per i riti voodoo, nell’accellerazione finale Il sangue è randagio si inoltra in una Dimensione onirica, e si trasforma in un gorgo allucinante. E’ la citazione Hellhound On My Trail di Robert Johnson a spiegare che Il sangue è randagio è una corsa letale nella decadenza dove caos e ordine tendono a sovrapporsi, a confondersi, a scambiarsi di ruolo rivelando un ritratto magniloquente del potere, nelle sue manipolazioni delle persone, dei fatti, delle informazioni, della realtà e della storia. Il delirio delle macchinazioni è tale da assumere vita propria e più il turbinio di alcol, droghe, torture, omicidi, furti, fughe, notti insonni si fa minaccioso e più il ritmo diventa via via furioso, il linguaggio scarno e brutale, le frasi spezzate senza pietà. James Ellroy è come i suoi “killer-a-distanza-ravvicinata”. Scotenna il lettore.
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