Affacciato sul Danubio,
Francesco Giuseppe I d’Austria, l’imperatore austroungarico si chiedeva: “La
musica è una faccenda così seria? Ho sempre pensato che il suo scopo fosse di
rallegrare la gente”. Il resto è rumore è il tentativo più avvincente e documentato
di rispondere all’eco lontano di quella domanda, che risale a più di un secolo
fa. I primi passi che fa Alex Ross, che per Il resto è rumore sembra liberarsi delle
convenzioni di critico e di musicista per avvicinarsi a un saggio elaborato
come un romanzo, è orchestrare una rete di connessioni. Collega le atmosfere
fin de siècle del diciannovesimo e ventesimo secolo come come se in mezzo ci
fosse stato un lunghissimo crepuscolo, dal punto di vista etico ed estetico.
Aggancia Europa e America, le differenze
e i canali aperti attraverso e per la musica, lasciando a Jean Cocteau il
compito di raccontare l’assorbimento di una cultura pseudoamericana: “Il Titanic, Nearer My God To
Thee,
ascensori, le sirene del Boulogne, cavi sottomarini, cavi acqua-terra, Brest,
catrame, vernice, impianti del piroscafo, il New York Herald, dinamo, aeroplani,
corto circuiti, cinema maestosi, la figlia dello sceriffo, Walt Whitman, il
silenzio dei rodei, cowboy con gambali di cuoio o di pelle di capra, la
telegrafista di Los Angeles che alla fine sposa il detective”. Del resto, Alex
Ross accosta Bertolt Brecht a Louis Armstrong e a Bob Dylan e gli intrecci
risultano immediati, persino naturali perché arrivati a quel punto il lettore è
immerso in una salamoia musicale in cui certi cambi di accordo o di ritmo
valgono più di mille epiche battaglie, anche perché “la musica potrà non essere
inviolabile, ma è infinitamente cangiante, poiché acquista una nuova identità
nella mente di ciascuno nuovo ascoltatore. E’ sempre nel mondo, mai colpevole o
innocente, soggetta al paesaggio umano eternamente mutevole entro cui si
muove”. Questo è il vero tema che si ripropone e attraversa Il resto è
rumore
fino al suo epilogo: la ricostruzione della storia della musica, in particolare
quella del secolo breve, cercando di collocarla in una dimensione reale. Senza
dubbio è vero, come scrive Alex Ross che “il suono è una vibrazione che
attraversa l’aria, e riguarda il corpo come la mente” e che le “emozioni
primitive” esplodono in libertà, ma proprio per questo diventa essenziale
comprendere le vite e i tempi di Richard Strauss, Gustav Mahler, Pierre Boulez,
Béla Bartók, Arnold Shoenberg, Kurt Weill, George Gershwin, Duke Ellington,
John Cage e tutti gli altri compositori e/o musicisti le cui gesta affollano Il
resto è rumore.
Anche quella che viene chiamata l’odierna “musica d’uso”, dalle colonne sonore
alle sonorizzazioni ambientali, risente delle trasformazioni politiche,
sociali, tecnologiche ed è un processo storico irreversibile, con tutto un secolo
di precedenti, a cui Alex Ross risponde con la complicità dell’ascolto finché
la musica resti “una ricerca del senso all’interno di una struttura aperta: un
microcosmo di vita spirituale”. Sì, è una faccenda molto importante.
Sono sempre stato tentato da Alex Ross, questa recensione, che contiene tante parole chiave e nomi seducenti (ancora di più per come sono accostati tra loro) mi ha convinto: procedo all'acquisto.
RispondiEliminaConsiglio l'edizione economica, che non ha nulla da invidiare alle altre, a fronte di un prezzo comprensibile.
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