Il
quadro geopolitico sembra quello di ieri e di oggi visto che nell’estremo
quadrante orientale si gioca un intricato confronto tra Cina, Unione Sovietica
e Stati Uniti. Il periodo storico è ancora più convulso, dato che si tratta
degli anni successivi alla seconda guerra mondiale, con l’eco di due attacchi
nucleari ancora nell’aria: il dominio francese nell’allora Indocina è agli
sgoccioli, gli americani si apprestano al cambio di stagione e così fan tutti,
dai mafiosi corsi ai ribelli. E’ in questo brulicante caos che Don Winslow
spedisce Nikolaj Hel, personaggio pescato e rivisto da Shibumi o Il ritorno delle gru di Trevanian alias Rodney William
Whitaker. Un omaggio estrapolato da un saga ben più sinuosa (anche soltanto da
un’angolazione cronologica: Shibumi
attraversa mezzo secolo, dal 1930 al 1980) che Don Winslow interpreta con
grande classe. Nikolaj Hel, già condannato e torturato dagli agenti americani
per aver ucciso il generale Kishikawa, viene incaricato di compiere una
missione a Pechino, destinata a cambiare l’equilibrio di tutta l’area.
“Assassinio è una brutta parola, ma gli elementi fondamentali dell’accordo sono
corretti, sì” gli dice Haverford, l’uomo della CIA che gli sta davanti, e in
cambio riavrà la sua libertà. Nikolaj Hel non ha alternative: i motivi della
morte del generale Kishikawa sono incomprensibili per gli americani e Solange,
l’istruttrice che gli hanno destinato per imparare la sua nuova identità, oltre
al francese (la lingua, la cucina, lo stile), gli fa conoscere i dettagli non
trascurabili del sesso prima e dell’amore poi. Lui si ritrova nell’insegnamento
del suo maestro, Kishikawa-san: “Mai prendere il considerazione la possibilità
di riuscire, solo l’impossibilità di fallire”. Lei è convinta che “alla fine,
esistono solo cibo, vino, sesso e bambini. Sono queste le cose che interessano
a tutti. Il resto sono stupidi giochi tra maschi”. Sempre pericolosi, perché è
così che l’adrenalina e le endorfine scorrono nelle vene, se non si ha la
pazienza e la premura di accorgersi del Satori, ovvero “l’improvviso risveglio,
la comprensione della vita come realmente è. Esso non giungeva come risultato
della meditazione o del pensiero consapevole, ma poteva arrivare col sussurro
del vento, lo scoppiettio di una fiamma, il cadere di una foglia”. Don Winslow
è un abile giocatore e Satori
si destreggia tra il go e gli scacchi, il fumetto e il cinema, le arti marziali
e la spy story, la (buona) cucina e la lirica con un colpo di scena dopo
l’altro. L’attitudine è pop, senza dubbio, ed è quella giusta perché Satori riesce a tenere insieme molti linguaggi
diversi, e tutti mescolati per ottenere svolte e sorprese ben incise nel solco
della storia. La costruzione stessa dei personaggi, l’accellerazione costante
del ritmo, persino il convulso finale funzionano così e prendono il lettore
come una mossa di hoda korosu, l’arte di uccidere senza armi in cui eccelle
Nicolaj Hel. Un remake (o una cover) particolarmente riuscito, visto che Don
Winslow si appropria della storia, o meglio di una parte della storia, e ci
costruisce il suo personalissimo Satori.
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