Nello spiritato Il buio fuori, le dimensioni della wilderness assumono forme e sembianze speciali, come se fossero personaggi attivi e concreti, piuttosto che parti del paesaggio. Alberi, fango, ciottoli, il fiume, la pioggia incidono nella storia con un peso specifico rilevante. E’ una natura enigmatica, cupa, ombrosa, tagliente con cui Il buio fuori anticipa il laconico scenario di La strada. Il clima, la tensione e le asperità del racconto sono proprio quelle, anche se Il buio fuori intuisce e vive di suggestioni, di atmosfere e di ombre, mentre La strada sarà nudo, aspro e lapidario. Il legame tra i due romanzi è suggerito anche da un dialogo nelle pagine iniziali (“Dove state andando? Seguo la strada, tutto qui. Davvero? E’ esattamente dove sto andandoio. Seguo la strada, tutto qui”) con cui comincia il viaggio di Il buio fuori. Rinthy ha un figlio dal fratello che glielo porta via e l’abbandona in mezzo ad un bosco, uno di quei “boschi senza sole” che sembrano esistere soltanto nei romanzi di Cormac McCarthy, e poi fugge. Lei lo insegue per ritrovare il bambino e attraverso le strade che percorrono emergono paesaggi bucolici, aridi, crudeli e una pattuglia di sbandati che appaiono e scompaiono come cavalieri dell’apocalisse ed ogni volta è sangue a fiotti. Attenzione, però: qui non c'è niente di pulp o di cannibale (o scegliete voi un termine alla moda) perché in fondo in fondo “non si danno nomi alle cose morte” e la violenza che racconta Cormac McCarthy è la stessa su cui è fondata l’America. La sua visione è distaccata, atona, precisa: “Sono tempi duri. E’ la gente dura che rende duri i tempi. Ho visto tanta cattiveria fra gli uomini che non so perché Dio non ha ancora spento il sole e non se n’è andato”. Il riferimento più appropriato forse non è letterario perché Il buio fuori condivide, come un po’ tutti i romanzi di Cormac McCarthy, la stessa prospettiva di Sam Peckinpah: tagli netti, passaggi lineari, pugni nello stomaco. Qualcosa che, soprattutto per merito di un linguaggio scarnificato fino all’osso, si avvicina in modo pericoloso alla realtà e che puzza sul serio di vita e di morte. Tra i romanzi di Cormac McCarthy gli estremi più efficaci di questo stile sono Meridiano di sangue e Oltre il confine: il primo per l’efferata e folle crudezza; il secondo per il suo fascinoso lirismo. Il buio fuori, che risale ai suoi esordi (era il 1968) è ancora un acerbo ibrido rispetto ai suoi fortunati successori ma ha pur sempre tre o quattro validissimi motivi che ne giustificano l’esistenza e la lettura: le descrizioni della wilderness americana sono sempre eloquenti, i dialoghi brucianti (“Vivete solo? Non esattamente. Ho due cani e una doppietta calibro dieci che mi tiene compagnia”), la tensione altissima e pronta ad esplodere da un momento all'altro. Quando, per inciso, appaiono quei tre pazzi sanguinari che, con inesorabile lentezza (narrata da Cormac McCarthy in maniera impeccabile), dispongono di vita e di morte su qualsiasi cosa respiri che incontrano sul loro sentiero. Inquietanti, e magici, come Il buio fuori.
domenica 4 settembre 2011
Cormac McCarthy
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento