Nell'ottobre 1967 tutti i fermenti artistici, esistenziali, sessuali ed emotivi di un paio di generazioni e di un'intera nazione chiamata provvisoriamente Stati Uniti trovarono un'inedita unità di vedute e di orizzonti nella più significativa manifestazione del ventesimo secolo. In via del tutto teorica doveva essere essenzialmente una manifestazione pacifista e antimilitarista, un'espressione definitiva contro la guerra del Vietnam, ormai prossima al suo crudele zenith, ma raccontandone gli sviluppi, momento per momento, Norman Mailer “arrivò finalmente alla più triste delle conclusioni, perché andava oltre la guerra del Vietnam. Era arrivato a pensare che forse la pazzia era al centro dell'America. Il paese aveva vissuto in una schizofrenia controllata, anche ferocemente controllata, che era andata aggravandosi col passare degli anni. E forse il punto di rottura era stato superato. Ogni uomo o donna che fosse devotamente cristiano e lavorasse per l'azienda americana, era prigioniero di una morsa invisibile la cui pressione poteva scindere la sua mente dalla sua anima”. Le differenti armate della notte che marciarono, da una parte o dall'altra, su Washington e attorno al Pentagono professavano in modo diverso e stridente lo stesso amore per l'America e Norman Mailer seppe cogliere alla perfezione l’attimo in cui la dicotomia si manifestò, irreversibile e carica dei presagi di tutto ciò che sarebbe successo in seguito: gli scontri di Chicago, le fughe dei renitenti verso il Canada e la Svezia, gli incidenti alla Kent University, Ohio e l'esplosione di un conflitto generalizzato che il Vietnam, attraverso la rapida evoluzione (o, forse, involuzione) dei mass media (televisione in testa), avrebbe propagato come un virus risvegliato dopo anni di letargo. Documento storico ineccepibile, la cronaca della manifestazione che riempie Le armate della notte è anche uno straordinario patchwork narrativo perché, come scrive lo stesso Norman Mailer “il romanziere recalcitra sotto il giogo, mentre lo storico tiene ben strette le redini”: giornalismo (inteso come reportage), fiction, scelte di campo (personale, letteraria e politica), invenzioni linguistiche si intrecciano e si fondono per testimoniare (ecco il verbo che mancava) “il carattere misterioso” di un avvenimento “essenzialmente americano”. Uscito praticamente in tempo reale (“romanzo come storia, storia come romanzo” direbbe Norman Mailer), Le armate della notte è un capitolo fondamentale nella sua bibliografia (e nella prosa americana) ed è anche un modello di confronto sull’utilità e sulla finalità stessa della letteratura: “il romanzo infatti, concediamoci questa parentesi, quando è buono, è la personificazione di una visione che ci permetterà di comprendere meglio altre visioni; un microscopio, se si vuole esplorare lo stagno, un telescopio sul tetto di una torre se si scruta una foresta” scrive Norman Mailer nelle battute finali di Le armate della notte che, oltre ad essere “buono” è, ancora oggi, parecchio scomodo.
mercoledì 20 ottobre 2010
Norman Mailer
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