Sergei Andropov è lo
spin doctor di Stuart Craspedacusta: uno stratega elettorale che ha
vinto 32 competizioni su 34 in due continenti, che ama e crede
“fervidamente in tutti i suoi candidati, tranne quelli che
perdevano” ed è in grado di licenziare qualcuno solo perché si
chiama Maurice. Un motivo vale l’altro per lui “la gioia che gli
procurava dirigere campagne elettorali era qualcosa di bello da
osservare, ammesso che l’osservatore avesse occhi per vedere”. I
suoi motti sono tre, come i punti esclamativi che d’abitudine mette
alla fine: 1) “Gli elettori non nascono, vengono registrati!!!; 2)
“Prima di saper correre devi imparare a strisciare!!!”; 3) “Se
vuoi godere, impara prima a strisciare!!!”. C’è anche un ultimo
segnale, in bella mostra sulla sua scrivania: “Per reclami
rivolgersi qui!!!”, firmato J.K., che non sta per Jack Kerouac, ma
per “Just Kidding”, ovvero “sto scherzando”, perché ammette
l’ineffabile Sergei “sono scherzoso e sono un pazzo. Sono un
animale politico”. Con Ronette Robinson, il suo equivalente presso
il candidato avversario, Murray Olongapo, condivide “una simbiosi,
una sorta di visione condivisa del futuro, anche se di due futuri
parecchio diversi”. Entrambi veterani di altri rally e altre
battaglie, sanno che “il punto non era l’aspetto tecnico del
governare: il punto era riscaldare il dibattito fino a una
temperatura alla quale le cose potevano finalmente essere cambiate, e
le menti piegate e plasmate”. Quando Ronette fa decollare nel cielo
californiano il nuovo gadget della campagna, un dirigibile
scintillante, guasta la colazione di Sergei e del suo luogotenente,
Little Nicky alias Nicholas Chiaroscuro, specialista in “opposition
research”, un concetto che andrebbe articolato su (almeno) il
doppio delle pagine di Se non è vietato è obbligatorio, ma che si
può riassumere nello spalare e spalmare fango (o materia ancora meno
nobile) in tutte le direzioni. Gli sforzi tesi a denigrare,
dileggiare, diffamare, la normalità dei colpi bassi, la
spettacolarità dei retroscena, vizi e difetti privati sulla gogna
pubblica sono le scorie che infettano la competizione tra i due
principali candidati, le cui idee sono il manifesto politico del
vuoto pneumatico. Per la cronaca, ci sono anche un terzo e un quarto
candidato, a corollario di una situazione paradossale, ma non troppo.
Una parodia, che poi è forse l’unico modo pertinente per
raccontare l’intrinseca realtà di ogni campagna elettorale per
quello che in effetti è: un universo autoreferente, autoindulgente e
suicida o, per dirlo direttamente con Dave Eggers, “una cosa
orribile e sbagliata e malgrado questo strepitosamente divertente”.
Il finale pirotecnico, a sua volta una parafrasi acidula dell’happy
end hollywoodiano, è una sarcastica rivisitazione dei luoghi comuni
della terra delle opportunità: “Stava per accadere qualcosa di
nuovo e di grande, proprio sopra le loro teste. Erano al centro di
qualcosa di decisivo, là nella California meridionale, qualunque
cosa decisiva stesse per accadere, e questo fatto gli ricordava
ancora una volta perché vivevano lì: lì dove le cose erano
possibili”. Il dirigibile che tiene tutti con la testa alzata ne è
la metafora perfetta: gonfio, teso, lento, inutile, innocuo e
infiammabile nello stesso tempo, è lì sospeso nell’aria, una
spada di Damole all’idrogeno sopra i pretendenti al trono. Nel
dubbio, votate Dave Eggers.
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