In
fondo, l’idea di Sogni iniettati di
benzina era davvero affascinante.
C’è del torbido nel triangolo tra il fan, la rock’n’roll star
e il mogul dell’industria discografica e nel contesto, Los Angeles
dal 1964 al 1967 e poi vent’anni dopo, c’erano elementi storici a
sufficienza (un nome, Phil Spector, e basta e avanza) per mettere
insieme una rock’n’roll story che diventasse un classico, o
comunque, un modello di riferimento. Certo, non ci si poteva
aspettare un Great Jones Street
sulla West Coast (anche perché, evidentemente, Robert James Baker
non era Don DeLillo) o La luna del
falco da un’altra prospettiva,
visto che di Sam Shepard ne esiste soltanto uno, ma si tratta di
libri che erano già di pubblico dominio quando è stato scritto
Sogni iniettati di benzina,
con una conoscenza linguistica e antropologica del rock’n’roll
molto articolata e profonda e un tono di un certo spessore per
riuscire a raccontare tutte quelle odissee di ordinaria follia. Sogni
iniettati di benzina invece si
concentra su una sorta di fiaba in acido, una variante del cavaliere
che vuole salvare la principessa dalla prigionia, con contorno di
ville decadenti con viste sull’oceano, 357 magnum sfoderate (e
usate) nel pieno della notte e di tutti i cliché legati alla
costruzione di canzoni di successo e all’ambizione artistica. I
luoghi comuni imperanti nello show business agorafobia,
claustrofobia, paranoie, ossessioni, schizofrenia e altri disturbi
della personalità alimentato i personaggi di Sogni
iniettati di benzina. Solo che il
linguaggio, per dirla con lo stesso James Robert Baker, è “piatto
e desolato come il sogno surrealista di un ragazzino”. La scrittura
è limitata, un torpiloquio di battute sempre satirico e colloquiale.
I frequenti cambi di registro, dalla commedia alle atmosfere noir,
non sono supportate da un’equivalente e parallela metamorfosi della
tonalità che è caotica e cacofonica. Se non altro, James Robert
Baker anticipava, con quei modi un po’ allucinati e sconclusionati
(e divertenti, bisogna ammetterlo), uno stile che sarebbe diventato
obbligatorio da lì a qualche anno, ma sembra accorgersi anche lui
che i Sogni iniettati di benzina
girato a vuoto quando lasciare dire a uno dei protagonisti: “Questa
routine magica da paese dei balocchi mi ha stancato”. Nella
celebrazione dell’eccesso, una tradizione consolidata a Hollywood,
si trova di tutto: dal mistero di una ragazza scomparsa sulla
spiaggia all’ossessione per le auto d’epoca, per non parlare dei
consunti standard sesso, droga e rock’n’roll, fin troppo abusati
da James Robert Baker (in particolare i primi due della lista).
Ammesso, e non concesso, lo status psichedelico, lo sviluppo di Sogni
iniettati di benzina resta
claudicante in tutte le sue parti, che sono sempre affollate. C’è
di tutto: stupri, omicidi, una riunione di coscritti, gli incendi
sulle colline di Los Angeles, persino un presagio, tra le righe,
della vera tragedia di James Robert Baker, che è morto suicida nel
1997. Alla fine, i Sogni iniettati di
benzina non sono stati sufficienti
nemmeno per lui.
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