Le
Gelide scene d’inverno di Ann Beattie inquadrano, all’inizio
del 1975, la precarietà degli anni americani della sconfitta e della
caduta, quando tutti sembravano reduci, o dalla guerra, o da
Woodstock. Questa dimensione pubblica si riflette nel disorientamento
privato dei personaggi, a partire da Charles, il protagonista, che è
ossessionato da Laura, nel frattempo prigioniera del matrimonio con
Jim alias il bue (proprio così). Ogni rapporto è un’elisse che ne
comprime un altro e nelle Gelide scene d’inverno non c’è
spazio di manovra perché un insieme di solitudini non basta a
rappresentare una comunità. I tentativi di comunicazione sono tanto
insistiti e ripetuti quanto destinati al fallimento e le reiterazioni
di Ann Beattie funzionano come colpi di frusta e giri di boa. Non
soltanto ribadiscono intere frasi, ma portano il periodo, di
conseguenza il dialogo e quindi tutte le Gelide scene d’inverno
al livello successivo. Eppure, nonostante lo sguardo ravvicinato,
quasi intimo, come se Ann Beattie fosse proprio lì, in mezzo a ogni
singola discussione, “l’atmosfera è così impersonale” e sono
soltanto le canzoni a ristabilire un po’ di calore. Gelide scene
d’inverno è punteggiato in tutti i passaggi più importanti da
Janis Joplin, Bob Dylan, Elton John, Billie Holiday George Harrison,
Rod Stewart. Per quantità e qualità la colonna sonora ha un valore
determinante non soltanto perché “le canzoni non sono mai a
sproposito. Qualunque disco si stia ascoltando, le parole si possono
sempre applicare alla realtà”, ma soprattutto perché sottolinea e
intervalla un romanzo costruito quasi per intero sui dialoghi.
Altrimenti Ann Beattie è lapidaria, essenziale, fotografica. Un
esempio: “Charles raggiunge Susan alla porta, escono e si avviano
alla macchina. Charles nota che gli uccelli hanno finito tutto il
mangime e che dovrà mettergliene ancora. C’è da aspettarselo: uno
mette fuori il mangime, scompare, ne mette dell’altro, scompare, e
così via”. Anche l’uso del presente è spiazzante: Gelide
scene d’inverno è una lastra di cristallo, trasparente in
superficie, piena di schegge nei suoi angoli più remoti, e comunque
senza alcun filtro o protezione. Come ha ammesso la stessa Ann
Beattie nella prefazione: “Avevo sviluppato una passione per le
storie che si potevano leggere fra le righe e per le narrazioni che
risultavano fuorvianti, a volte per una scelta deliberata dello
scrittore, a volte semplicemente perché i personaggi non dicevano la
verità”. Gelide scene d’inverno resta complesso per il
carattere coraggioso, a tratti anche sperimentale e innovativo, delle
scelte di Ann Beattie e più che leggerlo, va studiato. Con un po’
d’attenzione, si capirà che è molto doloroso nel riflettere
l’amarezza di un’era, in fondo riassunta in una battuta di
Charles: “Certo che mi sento solo. Perché continui a
ricordarmelo?” La domanda, nel gioco di specchi delle Gelide
scene d’inverno, sembra persino rivolta ad Ann Beattie e la
risposta, visto che tutti stanno aspettando il nuovo album di Dylan,
rimane abbandonata nel vento.
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