La
definizione dell’Essere poeta di
Ralph Waldo Emerson è stata laboriosa, centellinata, ricca di spunti
e di riflessioni, osservata da dozzine di prospettive differenti che
comunque convergono sempre nello stesso cantiere. Una costruzione
filosofica, un’apologia totale e incondizionata della poesia e del
poeta che parte da un autoritratto prosaico, eppure molto efficace,
quando Ralph Waldo Emerson si presenta così: “Sono nato poeta, di
basso rango, senza dubbio, ma poeta. E’ questa la mia natura e
vocazione”. Una rara concessione personale che contrasta invece,
per tono e brevità, con il profilo tracciato da Walt Whitman, che ha
una sua magia: “Frammezzo al delirante morbo chiamato editoria, con
le sue febbrili coorti che infarciscono il nostro mondo di ogni forma
di distorsione, morbosità e tipi specifici di anemia o
eccezionalismo (con l’idea impellente di far più soldi possibili,
anzitutto), com’è confortante sapere di un autore che, per una
lunga vita, e in spirito, ha scritto così onestamente,
spontaneamente e innocentemente, come risplende il sole e come cresce
il grano, il più vero, il più sano, il più morale, dolce uomo
letterario che ha sempre mietuto soltanto se stesso, la sua anima
poetica e devota”. La ricchezza di Essere
poeta, composto da tre diversi saggi
convergenti sull’idea che “il bello poggia sulle fondazioni del
necessario”, così come Ralph Emerson è consapevole che “l’uomo
è se stesso solo per metà, l’altra metà è la sua espressione”.
Bardi, trovatori, ritmo, morale, forme, colori: l’insistenza con
cui Ralph Waldo Emerson colloca la poesia al centro di tutto, un
diritto, un piacere, un obbligo, un mistero è pari all’umiltà che
gli fa ammettere di cercare “invano” il poeta che descrive, colui
che “in mezzo a uomini parziali, sta per l’uomo completo, e ci fa
cogliere non la ricchezza sua, ma la ricchezza comune”. Questo
punto di vista collima con la posizione di un grande ammiratore di
Ralph Waldo Emerson, Harold Bloom, quando dice che “il compito
della grande poesia è aiutarci a diventare liberi artisti di noi
stessi”. E’ proprio lì che Essere poeta
sposta le sue considerazioni, verso quella che uno dei maggiori poeti
italiani contemporanei, Guido Oldani, chiamava l’indispensabile
poesia, ovvero “quando un uomo pensa
felicemente, non trova alcuna orma di piedi nel campo che attraversa.
Ogni pensiero spontaneo è irrispettoso di ogni altra cosa”. Essere
poeta è un modus vivendi, una prassi
quotidiana, perché “Ogni tocco dovrebbe dare i brividi. Ogni uomo
dovrebbe essere così artista da riferire nella conversazione quel
che gli è accaduto”. Ralph Waldo Emerson delimita anche i confini
della ricerca della bellezza perché se “tutti gli uomini hanno i
pensieri di cui l’universo è la celebrazione”, Essere
poeta è un esercizio che si determina tra
l’espressione della natura e nello sfuggente empireo dei sogni, due
luoghi così lontani eppure così vicini. Ralph Waldo Emerson spiega
che “una bellezza inesplicabile ci è più cara di una bellezza di
cui possiamo vedere fini e confini. E’ la natura il simbolo, natura
che certifica il sovrannaturale, corpo inondato di vita, che l’uomo
semplice adora, con riti rozzi ma sinceri”. La conseguenza diretta,
logica e inevitabile è che “nei sogni siamo veri poeti; creiamo le
persone del dramma; diamo loro figure appropriate, volti, costumi;
sono perfetti nei loro corpi, atteggiamenti, modi di fare: inoltre
parlano secondo i propri caratteri, non secondo i nostri; parlano a
noi, e ascoltiamo con sorpresa ciò che dicono”. Allora se aveva
ragioni da vendere (eccome) Jorge Luis Borges a definire Ralph Waldo
Emerson “il miglior esempio di poeta intellettuale”, Essere
poeta è il suo manifesto.
ciao, è uscito di Harold Bloom "Il canone americano" per la Rizzoli, lo sai eh? da comprare? grazie e buona serata
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