L’egoismo
è inutile racchiude l’Elogio
della gentilezza, il
discorso di George Saunders ai laureandi della Syracuse University l’11 maggio
2013, la parte più significativa tratta da L’uomo megafono e una bella intervista conclusiva.
L’assemblaggio, in apparenza, potrebbe ingannare perché anche nei diversi
formati, una lecture piuttosto che un saggio, l’orientamento di George Saunders
è sempre verso l’insolito, l’imprevisto, la deviazione di percorso. E’
esplicito nell’esortazione all’università (“Fate le cose che vi orientano verso
i grandi interrogativi, ed evitate quelle che vi svalutano e vi rendono
banali”) e lo è ancora di più quando riflette in termini generali (“Ciò che per
noi è reale nell’esperienza di tutti i giorni dovrebbe trovare posto anche nella
nostra visione filosofica, nel nostro pensiero personale, altrimenti, abbiamo a
che fare con un classico esempio di dissociazione”). In filigrana a L’egoismo
è inutile non è
difficile scovare i tratti fondamentali della scrittura e delle ossessioni di George
Saunders, in particolare la sua vocazione per il racconto in chiave critica e
polemica: “Le storie migliori nascono da una misteriosa spinta verso la ricerca
della verità, insita nel racconto che ha subito una revisione approfondita;
sono complesse, spiazzanti, ambigue; tendono a rallentarci anziché a
velocizzarci. Ci rendono più umili, ci fanno immedesimare con persone che non
conosciamo, perché ci aiutano a immaginarle, e quando riusciamo a
immaginarcele, perché la storia è raccontata bene, le vediamo sostanzialmente
simili a noi”. L’egoismo è inutile
è un minuscolo manuale di istruzioni che riassume in poche dozzine di pagine
alcune delle contraddizioni più laceranti dei nostri tempi perché “noi
consideriamo il linguaggio un prodotto del pensiero (facciamo un pensiero e poi
scegliamo una frase con cui esprimerlo), ma il pensiero è a sua volta un
prodotto del linguaggio (tentando, grazie alle parole, di trasmettere un
significato preciso, capiamo meglio ciò che pensiamo)”. E’ facile capire che
George Saunders vede giusto quando dice che “l’informazione deficiente ha un
costo, anche quando l’informazione deficiente viene data senza secondi fini. E
il costo dell’informazione deficiente è direttamente proporzionale
all’onnipresenza del messaggio”. E così non è difficile essere d’accordo con
George Saunders quando dice che abbiamo bisogno (un disperato bisogno) di
“piccole dosi di specificità”. Ci servono perché “la capacità di una cultura di
capire se stessa e il mondo è fondamentale per la sua sopravvivenza. Ma oggi
siamo guidati nell’arena del dibattito pubblico da veggenti che sanno
soprattutto tenerci incollati a guardarli”. E’ proprio questo, in fondo, il
senso dell’Elogio della gentilezza
e, volendo, lo spirito che alimenta i propositi della sua narrativa. Lo stesso
George Saunders lo conferma con
estrema chiarezza: “Ad ogni modo: il punto è che il nostro primo compito è
guardare la realtà e stabilire cosa è vero”. A volte, per cominciare, basta un piccolo libro.
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