L’amore è una tavola imbandita che non trova
ospiti perché “in verità ci sono solo due realtà: quella della gente innamorata
o che si ama e quella di tutti gli altri che ne stanno fuori”. E’ il soggetto
di Festa d’amore,
il dipinto più rappresentativo di Bradley Smith, uno dei principali
protagonisti, il cui significato recondito, ma non troppo, aleggia su tutto il
romanzo. Chloé Barlow e Oscar Metzger, Harry ed Esther Ginsberg e poi Bradley
Smith e la geometria variabile delle sue relazioni, prima Kathryn, poi Diana e
infine Margaret, vivono tutti l’amore in modo diverso, cercando di comprenderlo
attraverso il sesso, la pazienza, il silenzio, la volontà, sempre sull’orlo del
fallimento visto che “non puoi dettare a te stesso ciò che vuoi. Una cosa o la
desideri o non la desideri”. Si rincorrono come se stessero circumnavigando
all’infinito lo stesso paio di isolati deviando soltanto in occasione degli
angoli, verso destinazioni impreviste. Il paesaggio è la realtà suburbana della
provincia che Charles Baxter dimostra di conoscere alla perfezione come un
Richard Ford un po’ acido, un Raymond Carver meno crudo, un John Cheever senza
whiskey, un Richard Yates più sereno. La forma colloquiale per raccontare la
sua Festa d’amore
si traduce in un modo molto lineare e pulito di impostare il linguaggio, mentre
il racconto segue traiettorie imprevedibili perché come dice Charles Baxter “mi
piace fare smarrire il lettore. La forma narrativa standard che va da un punto
A a un punto B non mi interessa”. Anche se i personaggi sono molto attinenti
alla realtà della storia, Festa d’amore si sviluppa circondato da un’aura
insonne come se fosse un sogno di una notte di mezza estate. Charles Baxter
porta i personaggi dentro spazi e sprazzi onirici, interpretati da pittoresche
figure femminili, in particolare la cartomante Maggaroulian e la signora
Watkins che vive nei boschi, circondata da bambini di gesso. Hanno sempre il
compito di imprimere alla storia una svolta o di indicare una breccia come dice
lo stesso Charles Baxter: “Spesso sono i pazzi a vedere la felicità e io sono
sempre più interessato ai matti, a quelli che, tolti gli ormeggi, riescono ad
avere visioni luminose sul futuro”. E’ per questo che Festa d’amore alterna la sua voce a
quella dei personaggi (Bradley Smith è il più costante) nel raccontare le
storie (d’amore) e non sempre è facile seguire il sottile filo che le unisce, che è
quello “della felicità e della possibilità o meno di esservi inclusi”. Forse la
felicità non coincide proprio con una Festa d’amore, ma almeno è
un’alternativa alla “triviale infelicità”, che Charles Baxter cerca di evitare
applicandosi con grande fervore alla sua principale occupazione: “Essere uno
scrittore ti fa vivere bene. Non c’è routine nel pensare all’idea di un libro.
Sarebbe come se una donna descrivesse la propria partecipazione a un parto. Il
giorno ideale per me è questo: svegliarsi, fare colazione, scrivere, pranzare,
passeggiare, schiacciare un pisolino, bere del vino, fare l’amore, dormire”.
Bel programma, sempre valido.
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