Pur risalendo al 1959, Pubblicità per me stesso sembra scritto ieri per oggi. E’ una raccolta multiforme che comprende racconti e brani di romanzi, articoli e saggi, recensioni e riflessioni personali nonché “divertimenti e cose ultime” che Norman Mailer, sempre più in crisi e sempre più combattivo sembra utilizzare come un’autobiografia. Gli punti iniziali sono quelli e vanno dalla considerazione del proprio fallimento (“L’insuccesso ha aperto un diaframma nella mia natura, il mio senso del tempo è eccentrico, ed io trovo in me stesso le amare prostrazioni di un vecchio insieme ai ragionamenti impudenti di un ragazzo sveglio”) a una rinnovata intenzione polemica (“Ho bruciato molto della mia energia creativa, e ho assimilato troppo lentamente la dura, cupa e forse virile coscienza che, se voglio continuare a dire ciò che la mia rabbia mi dice è giusto dire, devo imparare a fiaccare l’indifferenza degli snob, dei soloni, dei direttori e dei maniaci conformisti che manipolano gran parte del mondo delle lettere e avvertono inconsciamente che l’ambizione di uno scrittore come me è diventare progressivamente più distruttivo, più pericoloso, più potente”) che non risparmia niente e nessuno. Norman Mailer si spende e difende la Beat Generation (è qui che si trova la differenza tra hip e square), però scortica Jack Kerouac ed è schierato nella lotta per i diritti civili, ma ne ha per James Baldwin e per Ralph Ellison. Più di tutto, Pubblicità per me stesso coltiva il gusto dell’invettiva contro la maggioranza silenziosa che sostiene e alimenta sistemi cupi e decadenti. Il succo acido del discorso tiene insieme il mezzo migliaio di pagine, a partire dalla netta percezione che “un tanfo di paura è scaturito da ogni poro della vita americana, e noi soffriamo di un esaurimento nervoso collettivo”. Pur tra infiniti dubbi personali e stilistici, e annusando nell’aria l’odore della sconfitta, Normal Mailer non rinuncia a dare battaglia e, per quanto aggressivo, molte analisi infilate nel composito puzzle di Pubblicità per me stesso sono ancora lucide e attuali. Forse più di allora, anche se è passato mezzo secolo, ed è sufficiente rileggere i tre brevi paragrafi centrali dedicati alla comunicazione per rendersi conto che aveva intuito e capito tutto. Per inciso, i titoli sono fin troppo didascalici: Menzogne, Potere, Oscenità. Se c’è un errore, in Pubblicità per me stesso, è che Norman Mailer le sue considerazioni finali le mette all’inizio, nell’introduzione, come un inequivocabile gesto di sfida: “Le merde ci stanno uccidendo, e allo stesso tempo si stanno suicidando; ogni giorno qualche nuova bugia rosica il seme con cui nascemmo, piccole bugie istituzionali dalle pagine dei giornali, dalle onde paralizzanti della televisione, e dagli inganni sentimentali del cinema. Piccole bugie, che pure ci adescano verso la follia svuotando il nostro senso del reale”. Norman Mailer gran parte di Pubblicità per me stesso per spiegare come viviamo, ma rileggendolo sembra di precipitare nel futuro. Adesso.
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