E' organizzata molto bene quest'antologia di saggi di John Steinbeck che recupera articoli, estratti e altri frammenti in una serie di percorsi piuttosto logici, introdotti con chiarezza dalla prefazione, in aggiunta all'originale, di Bruno Osimo. Una nota non relativa dove si spoglia di ogni residuo ideologico e/o politico la figura di John Steinbeck, capace di esprimersi a favore di Arthur Miller (e contro la commissione reazionaria del senatore McCarthy) ma anche di appoggiare l'intervento americano in Vietnam, pur ricordando le deformazioni della guerra e l'essenza alienante degli eserciti, su cui si esprimerà spesso e che in questo caso vengono ricordate così: “Ci sono molti modi di portare il cappello o il berretto. Uno può esprimere qualcosa inclinandolo di lato o in avanti, ma non con l'elmetto. L'elmetto lo puoi portare in un modo solo, non ce ne sono altri. Si appoggia sulla testa, giù sugli occhi e le orecchie, giù sulla nuca. Con l'elmetto addosso uno è solo un fungo in una distesa di funghi”). Ne emerge, alla fine, un ritratto elaborato e composito che prende il via dai “luoghi del cuore” (Salinas, la California) e in qualche modo vi ritorna, in chiusura, quando John Steinbeck eleva una sorta di apologia in nome dell'America e degli americani, dichiarando “la nostra vergogna per i fallimenti, il nostro orgoglio per i successi, la nostra meraviglia per le sue dimensioni e la sua diversità e, soprattutto, la nostra devozione per l'America, tutta l'America, la terra, l'idea e il mistero”. Racchiuso tra questi due estremi c'è tutto il mondo di uno scrittore, i suoi viaggi (“Ho casa ovunque e molte case che ancora non ho visto. Forse è per questo che sono inquieto. Non ho ancora visto tutte le mie case”), le sue polemiche, le idee sul ruolo che è chiamato a interpretare (“L'antico mandato dello scrittore non è cambiato. Ha l'incarico di esporre difetti e fallimenti dolorosi, di portare alla luce sogni oscuri e pericolosi allo scopo di migliorarci”) e su quello che vorrebbe essere: “Come tutti, voglio essere buono e forte e virtuoso e saggio e amato. Credo che scrivere possa semplicemente essere un modo per comunicare con altri individui, un impulso che nasce nella nostra innata solitudine”. Da Woody Guthrie a Lili Marleen non mancano tutti i riferimenti e le connessioni alla vita e alla cultura popolare di cui, come è noto, John Steibeck fu attento esploratore e che aggiungono una nota caratteristica a un libro più che utile a scoprirlo e a riscoprirlo. Anche per la sua alta e nitida percezione della letteratura, che è poi stata la solida base su cui ha elaborato una visione destinata a diventare un punto di riferimento: Per sempre e non soltanto in America, perché secondo John Steinbeck “la letteratura è vecchia quanto il parlare. E’ nata da un bisogno umano e non è cambiata se non per diventare ancora più necessaria. Gli scaldi, i bardi, gli scrittori non sono diversi. Dall’inizio le loro funzioni, i loro doveri, le loro responsabilità sono stati stabiliti dai nostri simili”. Una grande lezione.
Nessun commento:
Posta un commento