Quoyle
è uno di quei caratteri a cui la vita ha riservato più nodi degli
altri, e anche un’incapacità cronica di risolverli. Nella sua
professione, è un giornalista, è costantemente a un passo dal
fallimento, visto che non riesce a uscire dalla grigia routine del
giornale di provincia per cui scrive. A fatica, perché viene
licenziato, assunto, licenziato e assunto di nuovo con un ritmo
abbastanza regolare. Non un granché come curriculum. Vive in case
prese in affitto e tra uno sbadiglio e l’altro, neanche a dirlo,
sposa la donna sbagliata. Lui ingrassa e diventa sempre più goffo.
Lei, a matrimonio non ancora avviato, comincia a tradirlo, senza
nemmeno premurarsi di nasconderlo più del tanto. Non è tuto, perché
il peggio è sempre in agguato e, fedele alla sua natura e a quella
di Quoyle, non tarda ad arrivare. A quel punto, più per inerzia che
per coraggio, decide di dare un taglio alla squallida vita nelle
periferie di Brooklyn e di prendere il largo. La metafora nautica non
è caso: Quoyle si rimette in strada con un saggia zia, le due figlie
(scampate per un pelo a un infelicissimo destino, ma per i dettagli
bisogna spulciare in Avviso
ai naviganti)
e riparte verso il nord e il mare, Terranova, alla ricerca delle
proprie radici e probabilmente anche di una vita meno ingarbugliata.
Tema ricorrente e amatissimo della letteratura americana, tanto è
vero che a suo tempo Annie Proulx con Avviso ai naviganti ha fatto
incetta di premi (Pulitzer compreso) con una rapidità sorprendente.
Non tutto è dovuto però: se la storia alla base di Avviso
ai naviganti (il
riscatto di Quoyle, uomo senza qualità a cui la vita ha riservato,
non gradito e nemmeno voluto, il dovere di ribellarsi agli eventi) è
molto concreta nel suo plateale neorealismo, se è vero che c’è
della sostanza narrativa nei tratti dei personaggi e dei paesaggi
(dalle anguste panoramiche suburbane agli spazi marini e
incontaminati di Terranova), è anche evidente che nel quadro
complessivo Annie Proulx aggiunge troppi sfondi, troppe parole, come
se non si fidasse di quello che sta raccontando e continuasse ad
aggiungere elementi in continuazione per coinvolgerci e renderci
partecipi. Sembra che la rivincita di Quoyle dipenda dalla sua
capacità di restare ad ascoltare (deformazione professionale e
interpretazione univoca del mestiere di cronista) le storie, le
leggende o soltanto le chiacchiere che gli abitanti di Terranova gli
rivolgono. E qui si perde un po’ la genuinità dell’intuizione
originale di Avviso
ai naviganti:
nella sua trasformazione Quoyle poteva diventare un altro di quei
perdenti le cui sconfitte equivalgono ad altrettanta dignità, ma
così come viene sviluppato, il suo carattere rimane sfocato, sullo
sfondo. Il tono consolatorio è sempre dietro l’angolo e non
risolve i nodi, li guarda soltanto da un punto di vista meno
drammatico. Lettura da notte estiva, senza troppo impegno, con la
colonna sonora di Joni Mitchell e di Fisherman’s
Blues.
La prima per il Canada, il secondo per il mare.
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