I capodogli spiaggiati e le reazioni della gente e delle istituzioni, le migrazioni degli uccelli, il deserto e il ghiaccio, i tori e i cowboy: lucidissimo osservatore, Barry Lopez tiene un filo perfettamente riconoscibile nel labirinto del paesaggio americano. Il suo “considerare ogni elemento del paesaggio, un canyon, una vita, un canto, come foriero di possibilità” è un lavoro di tessitura che cerca con costanza di “familiarizzare con l’ambiente”, perché è proprio lì che “talvolta basta concedersi di indugiare su colline e rive di fiumi senza pretese per sentire il cuore sazio di ciò che a lungo ha bramato”. Anche in condizioni estreme riesce a cogliere e a raccontare con precisione le connessioni dell’essere umano con il territorio, con la flora e la fauna: Barry Lopez è un narratore acuto e scrupoloso: consapevole che “ogni singola argomentazione in favore della difesa degli spazi incontaminati è tener conto del peso che questi ultimi possono avere nell’imprimere una direzione alla vita umana”, focalizza una splendida simbiosi tra passione e rigore, come quando nota “un’esplosione di fotoni che sprigiona nell’aria un tripudio di colore, giallo zafferano e ocra, rosa albicocca, rosso di robbia, verde perlaceo e grigio verde, rame, ambra e terracotta”. Le sue analisi del paesaggio sono mappe dettagliate e precise, ma anche visioni, ascolti, percezioni dettati dalle emozioni e nello stesso tempo dalla consapevolezza che “siamo capaci di riconoscere la bellezza di uno stormo di oche delle nevi che si staglia contro un cielo in tempesta così come riconosciamo la bellezza di una suite di violoncello; e da questo, a mio parere, si fa presto ad arguire che, se lasciamo che spettacoli simili vengano violati o distrutti per ragioni economiche o più frivole ancora, ne usciremo tutti profondamente e irrimediabilmente impoveriti”. Questo perché, seguendolo Attraverso spazi aperti, si incontra la distinzione (e la comunione) tra un “paesaggio esteriore” e un “paesaggio interiore”, dove “il paesaggio interiore risponde alla qualità e alla complessità di un paesaggio esteriore; la forma della mente è plasmata dalla collocazione geografica dell’individuo tanto quanto lo è dai geni”. È un equilibrio fondamentale e Barry Lopez tiene a precisare che “oltre a questo, al fatto che il paesaggio interiore è una rappresentazione metaforica di quello esteriore, che la verità si rivela più pienamente non nel dogma ma nel paradosso, nell’ironia e nelle contraddizioni che caratterizzano le storie migliori, oltre a questo c’è solo il fallimento dell’immaginazione: nel campo scientifico il riduzionismo, in quello religioso il fondamentalismo, il quello politico il fascismo”. Lo stato di precarietà del visitatore, l’empatia per la natura e la terra tout court, smuove quel “sentimento per eccellenza che gli spazi aperti sono capaci di suscitare, questo sentirsi parte di un sistema di relazioni complesse che non ruotano intorno all’uomo, può essere inebriante quanto superare una serie di rapide particolarmente difficili. A volte le due cose coincidono addirittura”. In questo, Attraverso spazi aperti celebra “il potere della narrazione di nutrire e guarire, di lenire le pene dello spirito, si fonda su due aspetti: l’abile evocazione di fonti attendibili e la consapevolezza, in chi ascolta, dell’assenza di ipocrisia e inganno nel racconto”. Tradotto nell’afflato di Barry Lopez per il paesaggio (interiore ed esteriore) questo vuole dire “vivere la vita, qualunque vita, implica una sofferenza grande, intima, che perlopiù taciamo. In luoghi come l’Inner George questa sofferenza ci scivola via dalle dita. Lì non regna un silenzio reale, né si è così lontani dal tutto, da riuscire a sentirsi pensare; quello viene dopo. Prima senti il cuore che batte. Prima senti la vita”. Dopo aver letto Barry Lopez, si esce di casa e si vede il mondo in un modo diverso.
Interessante, lo leggerò .
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