Già nell’incipit Lee Maynard anticipa tutto quello che succederà a Crum, dove la vita “era uno spasso, un folle vortice di ignoranza abietta, emozioni che traboccano di emozioni, sesso che trabocca di amore, e talvolta un po’ di sangue a ricoprire il tutto”. Stretta in un fondovalle con gli Appalachi all’orizzonte, Crum è un’enclave ripiegata su se stessa e senza via d’uscita. Le opportunità sono le miniere, e i campi, non molto altro. L’attraversano soltanto una strada e una ferrovia che corrono parallele al fiume: sull’altra riva c’è “il Kentucky, terra misteriosa di stronzi bifolchi”. Non che da questa parte sia tanto diverso. La dimensione urbanistica e demografica di Crum è irrisoria: non c’è niente. Le estati sono noiose e calde e, se nelle altre stagioni cambia la temperatura, il tran tran resta comunque quello e trasmette un senso di immobilità e impotenza. C’è un film, quando capita, c’è la sbronza settimanale, ci sono le prediche della domenica, e c’è la scuola, solo che gli insegnanti sembrano capitati lì per caso e, appena possono, spariscono per sempre. Schiacciati tra la faticosa realtà degli adulti, e i coetanei “maiali del Kentucky” sull’altra riva del fiume, che non esitano a tirare il grilletto dei loro fucili, Jesse Stone e i suoi compagni di avventure vagabondano in cerca di guai, ma spesso e volentieri sono i guai che li trovano. Tutto ruota intorno al sesso e al cibo, dato che la dieta quotidiana è piuttosto limitata. Tra le ragazze si distinguono Ruby, una bellezza inarrivabile, e Yvonne: gli equivoci dovuti all’inesperienza e all’incapacità sono raccontati da Lee Maynard senza alcun filtro, con un linguaggio crudo, grezzo e, in definitiva, onesto nel ricostruire lo slang e l’atmosfera dell’America di provincia negli anni della guerra in Corea, visto che “le storie non accadono per caso, bisogna appropriarsene raccogliendole”. L’insofferenza dei ragazzi è epidermica: gli adulti, nel migliore dei casi li ignorano, come se Crum fosse un posto troppo piccolo per contenere tutti, la conformazione del territorio gli lascia soltanto una sottile striscia di bosco dove potersi nascondere e le limitatissime opzioni di Crum li spingono ad alzare il tiro. Quando l’unica attrattiva di rilievo è la macellazione del maiale, quasi un rito pagano, da cui, se va bene, ci ricavano le vesciche da usare come palle da football, non resta che lo scontro frontale, e i fuochi d’artificio. Cominciano con un elaborato furto di carne, proseguono facendo esplodere un paio di latrine finché non arrivano a una battaglia epica con il reverendo Piney nella notte di Halloween. Non è l’unica autorità presa di mira dalla spavalda combriccola di Jesse Stone. Anche Clyde Prince, “un vero figlio di puttana, che amava andare in giro con la pistola e il minuscolo distintivo a rendere difficile la vita della gente”, sarà oggetto delle loro attenzioni. In effetti, più la moglie, Genna, di lui, che “senza ombra di dubbio era la donna sposata più sensuale di Crum”. Al resto, ci pensa l’immaginazione. A quel punto i bravi cittadini, riuniti in assemblea, concordano che è giunto il momento di ripristinare la quiete pubblica, senza andare troppo per il sottile. Tra l’adeguarsi e il subire non resta molta scelta e per Jesse andarsene è qualcosa di più di una partenza. È lasciarsi alle spalle un mondo e acquisire una sorta di cittadinanza perché “un ragazzo che sale fino in cima a una collina, qualsiasi collina, ha il diritto di aspettarsi di vedere qualcosa”. Laggiù rimane Crum e Jesse riflette che “molte volte la cosa peggiore della tua vita può essere il centro della tua vita, l’unica ragione per andare avanti di giorno in giorno, e quando non c’è più, anche se non ti piace, ti manca”. La scelta di andare Lontano da Crum condensa tutta l’urgenza di trovare uno spazio e un futuro che Lee Maynard tratteggia con arguzia, inseguendo le gesta picaresche di una banda di adolescenti. Amaro ed esilarante nello stesso stesso tempo, sullo sfondo, e in rilievo, lascia intravedere il malessere profondo di un territorio poverissimo, disastrato e abbandonato a un destino sgangherato.
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