
mercoledì 30 novembre 2011
Sherwood Anderson

Langston Hughes

Mondo senza fine è la cronaca di Langston Hughes di quella “prova generale per la seconda guerra mondiale” che fu la guerra civile spagnola. L’America riversò sul fronte iberico l’élite dei fotografi e dei reporter intuendo forse che la dimensione del conflitto era già internazionale senza però comprenderne fino in fondo la natura, l’essenza e gli inevitabili sviluppi. La sua percezione della guerra civile è immediata e netta: “Non ci volle più di un rapido sguardo da parte mia per verificare che era stata devastante, una sorta di anticipo di ciò che successe in seguito ad altre città più grandi e più famose d’Europa durante la seconda guerra mondiale, della quale alcuni fra i giornalisti presenti a Madrid predissero che la Spagna non fosse altro che un preludio”. Le sue osservazioni, i suoi appunti sono ricchi di ammirazione per il coraggio degli spagnoli, per la vita che cercano di tenere insieme nelle città assediate e martoriate dai bombardamenti ed è scevra da quella caccia all’adrenalina fine a se stessa di molti reporter e a cui non era estraneo lo stesso Hemingway. Nella Madrid assediata dalle truppe fasciste di Franco, Langston Hughes prova per la prima volta le lumache al vapore, a colazione, innaffiandole con un boccale di birra, tutto quello che si può trovare in una città di un milione di abitante servita da una strada sola. Usa i dischi di Duke Ellington, Benny Goodman e Jimmy Lunceford per non sentire il suono delle bombe che esplodono e riesce a spiegare la svolta storica prossiva ventura che la guerra civile spagnola stava anticipando solo raccontando un piccolo dialogo tra un gentiluomo che raccogliendo una scheggia di granata stava dicendo a moglie e a figlia: “Questa piccola cosa, questo oggetto inanimato, non può fare nient’altro che ucciderci. E’ la filosofia che sta dietro a questo piccolo frammento, cara, che è pericolosa”. La differenza, rispetto a molti suoi colleghi, Hemingway per primo, è che la sua attenzione all’evoluzione della guerra civile è legata anche alle dinamiche relative ai popoli africani e afroamericani, “a tutti i popoli del mondo”, alle aperture del governo repubblicano e alle implicazioni coloniali (anche per via dell’intervento italiano, che segue quello in Etiopia). In Spagna, Langston Hughes trova gli africani radunati a combattere tra le truppe fasciste di Franco e gli afroamericani nelle brigate internazionali, coinvolti in una guerra le cui dimensioni vanno ben oltre tutte le loro possibili motivazioni. Nel Mondo senza fine, con una generosità sterminata e un entusiasmo impagabile, Langston Hughes riesce a cogliere una nota squillante, tra i fischi dei proiettili e la cacofonia delle ideologie: “Prima di allora coloro che più rappresentavano i neri in Europa erano musicisti di gruppi jazz, concertisti, ballerini, o altri artisti. Ma questi neri giunti in Spagna erano combattenti, combattenti volontari. La storia aveva voltato”. Con un testimone speciale: Langston Hughes, più un bluesman che uno scrittore.
Henry Miller

martedì 29 novembre 2011
Cornell Woolrich

Per quanto di natura composita e variegata, o forse proprio per quello, Questa notte, da qualche parte, a New York, sembra l'oggetto adatto per entrare nel mondo di Cornell Woolrich. Personaggio con cui è facile cadere nella tentazione di circoscriverlo negli stretti contorni della narrativa di genere, ovvero noir, gli viene qui dedicato il giusto rispetto dovuto ai grandi. Il libro contiene il crepuscolo della sua vita e della sua scrittura: una manciata di racconti, cinque spezzoni dell’ultimo romanzo, rimasto incompiuto, un paio di capitoli dell'autobiografia Blues of a Lifetime per cui vale il commento di uno dei suoi personaggi: “La vita era bella come sempre, bella com’era sempre stata, per me e per coloro che passeggiavano in strada con me. L’unica differenza era che avevi bisogno di soldi più di quanto ne avessi avuto prima, perché ora di soldi ne giravano molti meno. Ma non ce n'era uno, in tutta quella folla di passeggiatori senza meta, che avrebbe barattato la vita con qualsiasi altra cosa”. Una raccolta dal chiaro intento celebrativo e propedeutico, ma che, proprio per l’essenza della scrittura di Cornell Woolrich, si lascia ben presto alle spalle il formato antologico e si scopre per quello che è in realtà: un piccolo, grande e sconosciuto gioiello. Questo anche perché narrazione e autobiografia quasi non si distinguono e anche Questa notte, da qualche parte, a New York, così come in ogni angolo del mondo c’è qualcuno destinato a rimanere affascinato dal mondo di ombre, libri, donne e birre di Cornell Woolrich. Dove la vita metropolitana ha un ruolo sempre dominante come si può comprendere scorrendo, per esempio, E’ uscito il tuo numero: “E all’improvviso, come in un sogno, la strada fuori da quel l’albergo fu di nuovo deserta, deserta com’era stata all’inizio della sera. L’automobile non c’era più. Era partita silenziosa mente com’era arrivata. Un fantasma nella notte. Ma c’era stata. Aveva portato tre persone e ne aveva riportate via cinque. Questa, almeno, non era un’illusione. Il viaggio era cominciato. Le insegne dei teatri e dei night club sembravano sollevarsi verso il cielo ad angolazioni folli, probabilmente perché la maggior parte di esse erano sistemate in diagonale sui tetti. Follow Thru, Whoopee, Show Boat, El Fay Club, Club Richman, Texas Guinan’s. Dava alla città l’impressione di reggersi sulle orecchie. L’automobile scivolò silenziosa tra file di case di mattoni rossi (ognuna delle quali ospitava un night club al pianoterra) fino all’Undicesima, dove ancora non c’erano semafori. L’unico traffico era rappresentato dai rari furgoni del latte o dai camion, dal momento che la via non era collegata da nessuna autostrada e giungeva al termine alla Settantaduesima senza nemmeno una rampa a identificarla”. Poche frasi e la storia ha già tutto, mentre serve sfogliare tutto il resto di Questa notte, da qualche parte, a New York per conoscere il travaglio di frammenti, racconti e vite vissute da Cornell Woolrich. Anche perché la sua complessa personalità non ha nulla da invidiare a quella drammatica dei suoi personaggi.