Se riuscite a immaginare Nerone che suona Smoke On The Water mentre Roma sta bruciando, siete già in sintonia con la “storia sovversiva” della musica di Ted Gioia. Non è solo una visione surreale: l’analisi parte dalla convinzione, ribadita con sollecitudine a tutti i livelli e fino alla fine, che la musica sia qualcosa di magico. Questo significa cominciare da una valutazione che non è scientifica, ma che in qualche modo contiene tutto perché fin dagli albori della civiltà “la musica da sola definitiva un rapporto di dominio e autorità a livelli che un cittadino moderna stenta a immaginare”. Dalla dimensione magica a quella politica, nel senso più ampio e nobile del termine, il passo è breve e Ted Gioia compie uno sforzo notevole per imporre una rivoluzione copernicana, o se non altro mettere le cose a posto, e tornare a evidenziare il fatto che “le autorità cercano di controllare le canzoni passionali, ma la musica resiste a questo genere di rispettabilità imposta e di sottomissione alle istituzioni dominanti. Alla lunga, le canzoni sfidano la classe dirigente e creano uno spazio allargato per la libertà individuale e l’autonomia personale”. Dai canti preistorici agli sciamani, dalla concezione pitagorica alla notazione moderna, dai trovatori a Haydn e Bach, da Beethoven a Chuck Berry, Ted Gioia riesce ad associare una disanima acuta e documentatissima a un tono ben lontano dall’accademia, e capace, spesso con una sana consuetudine ironica, di collegare i catari e il punk o le pantomime elaborando una costante connessione tra antichità, passato e presente, che poi è il compito finale di uno storico. Inevitabile l’approfondimento legato svolta della musica afroamericana, da Robert Johnson a Scott Joplin fino a Duke Ellington e Louis Armstrong, Ted Gioia evidenzia una volta di più l’importanza del blues e del jazz come veicoli dei simboli e dei messaggi di un intero popolo e della sua sofferenza. Un solco netto che riporta anche “il ricorrente schema dell’innovazione musicale nei suoi termini più crudi: l’estraneo disprezzato crea un modo nuovo e forte di cantare, poi i potenti del sistema si fiondano ad assumere il controllo di questo provocatorio stile musicale. E spesso se ne prendono il merito. Poi arriva l’inevitabile insabbiamento, con i documenti storici ufficiali che negano che questa transazione culturale sia mai avvenuta”. Nell’assecondare questo principio di azione e reazione, Ted Gioia lo colloca all’interno di un “ecosistema musicale” e quindi sarà necessaria una biodiversità, ma la sua essenza politica rimane perché la musica “non è soltanto una colonna sonora di sottofondo all’esistenza, ma è sbucata a più riprese in primo piano, perfino mutando certe tendenze sociali e culturali che sembravano invulnerabili a una cosa impalpabile e sfuggente come una canzone. Sembra quasi una magia, e forse lo è”. A maggior ragione di fronte ai drastici cambiamenti degli ultimi anni, a cui Ted Gioia dedica spunti circostanziati, sostenendo che “a qualsiasi stadio della storia umana, la musica è stata il catalizzatore del cambiamento, sfidando le convenzioni e veicolando messaggi in codice, o addirittura, non di rado, fornendo messaggi diretti, poco ambigui. Ha dato voce a individui e gruppi a cui erano negato l’accesso alle altre piattaforme espressive, a tal punto che in tanti tempi e luoghi la libertà di cantare è stata importante quanto la libertà di parola, e assai più controversa”. Tutte le digressioni (molto brillanti, tra l’altro) riportano comunque alla considerazione iniziale, a qualcosa che rimane indescrivibile, visto che la “la musica è sempre qualcosa di più delle note. È fatta di suoni. Confondere queste due cose non è una quisquilia”. Lì risiede l’arcano, e la natura conflittuale della musica che Ted Gioia affronta come nessun altro, persino nelle canzoni d’amore “perché i nuovi modi di cantare l’amore tendono a minacciare lo status quo. Qualsiasi autorità, dai genitori ai sovrani, capisce implicitamente questa minaccia, anche se non sa esprimerla chiaramente a parole”. Fondamentale, per chi si accosta alla musica, a qualsiasi livello. Per gli altri, basta e avanza Sanremo.
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