Nelle
“trincee quotidiane” di David Foster Wallace le sue pulsazioni linguistiche
sono strumenti di difesa che s’inerpicano sull’essenza della parola,
moltiplicando l’effetto delle provocazioni, delle sollecitazioni e delle
piccole e continue esplosioni che costituiscono l’andamento sincopato della sua
scrittura. Pur condividendo una provenienza piuttosto eterogenea, i racconti di
Questa è l’acqua possono essere
un’utile introduzione alla complessità della scrittura e in definitiva della
visione del mondo di David Foster Wallace. Le sue costruzioni narrative seguono
un caos organizzato secondo coordinate invisibili, come se cercasse l’origine
della specie in una qualche geometria del linguaggio: “Guardi da una sola
angolazione: le cose sembrano senza meta, disordinate. Modifichi l’angolazione:
illuminazione. Schema. Ordine”. La sorpresa è sempre dietro l’angolo, sia
nell’angoscia esistenziale e poi nella malattia raccontate in Il pianeta
Trillafon in relazione alla Cosa Brutta,
sia nella pirotecnica lettura dell’adolescenza in Ordine e fluttuazione a
Northampton. Anche un frammento di
quattro pagine come Altra matematica
è l’occasione per mettere nella centrifuga della narrativa, della visione di
David Foster Wallace, una spirale di parole tenute insieme da una tensione
sotterranea, così come Solomon Silverfish è la quintessenza della scrittura di DFW: esuberante, eccessiva,
florida e frenetica nello stesso tempo come “l’intermittenza stroboscopica che
precede i sogni”. David Foster Wallace non è mai accomodante e si rivela, se
non proprio moralista, almeno cosciente della necessità di una scelta e della
sua consapevolezza perché la scrittura, la lettura, la cultura servono ad avere
“la facoltà di scegliere a cosa pensare”. In quello che diventa una specie di commiato,
lo spiega meglio così: “Imparare a pensare di fatto significa imparare a
esercitare un certo controllo su come
e su cosa pensare. Significa avere
quel minimo di consapevolezza che permette di scegliere a cosa prestare
attenzione e di scegliere come attribuire un significato all’esperienza”. C’è
un collegamento diretto tra l’impianto delle parole sulla pagina scritta e la
fluttuazione dei pensieri e la piccola selezione di Questa è l’acqua serve a identificarlo e a capirne l’utilità: “Il
genere di libertà davvero importante richiede attenzione, consapevolezza,
disciplina, impegno e la capacità di tenere davvero agli altri e di
sacrificarsi costantemente per loro, in una miriade di piccoli modi che non
hanno niente a che vedere col sesso, ogni santo giorno. Questa è la libertà.
Questo è imparare a pensare”. Diceva Don DeLillo nella sua elegia, qui posta
come prefazione: “Possiamo immaginare i suoi testi narrativi e i suoi saggi
come stralci di rotoli da un lontano futuro. L’opera la conosciamo già come notizia
di prima mano: dallo scrittore al lettore, intimamente, ossessivamente. Lui non
ha incanalato le sue doti entro schemi più angusti. Voleva reggere l’urto della
vasta, farneticante, ingovernabile onda della cultura contemporanea”. Come
scrittore non c’è dubbio che ce l’abbia fatta; come persona, è andata come è
andata.
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