E’ “una giornata merdosa come tante” in Iraq. Un mezzo dei marines salta per aria. Il conducente viene tagliato a metò all’esplosione, il convoglio di cui faceva pare si ferma in una strada dove tutto è ostile. Qualcuno deve aver azionato il comando dell’ordigno, il nemico può essere ovunque e la reazione dei marines, scossi e sconvolti dall’attacco e dalla vista del corpo straziato del commilitone, si trasforma in un massacro. Nell’immediato, nei primissimi minuti dopo la detonazione i marines agiscono con prudenza e professionalità: creano un perimetro difensivo, cercano di soccorrere i feriti, chiamano i rinforzi e un elicottero per l’evacuazione. L’addestramento, la disciplina, l’autocontrollo e la catena di comando franano un attimo dopo: un taxi con cinque studenti che ha solo la sfortuna di passare in quel momento viene fermato e i passeggeri uccisi sul ciglio della strada. E’ l’inizio di una carneficina che porta allo sterminio di due intere famiglie di Al-Haditha, raggiunte dai colpi d’arma da fuoco dei marines. Le regole d’ingaggio, cioè i codici di comportamento in caso di combattimento, saltano. Non che fossero chiare o ineludibili nella cosiddetta guerra asimmetrica, un modo come un altro per definire il caos. William Langewiesche è abbastanza acuto da riportarle per intero, così come erano esposte sul muro della base dei marines: “1. Estrema professionalità. 2. Vendere cara la pelle. 3. Non ci sono migliori amici, non ci sono nemici giurati. 4. Primo, non nuocere. 5. Gli iracheni non sono nostri nemici. Ma i nostri nemici si nascondono in mezzo a loro. Corollario 1. Guarda sempre chi hai davanti come stesse per ucciderti, ma non agire di conseguenza. Corollario 2. Sii gentile, professionale, ma tieni pronto un piano per uccidere chiunque”. Regole d’ingaggio si muove su un territorio friabile tra il reportage e l’atto di accusa eppure William Langewiesche scrive raccontando con nitida precisione, nella nebbia delle emozioni e della disinformazione, l’insieme dei fatti reali prima, durante e dopo il 19 novembre 2005 a Al-Haditha. E’ nelle pieghe di un linguaggio involuto e opaco che maturano le condizioni e le forme mentali (dire la cultura forse è eccessivo) che travolgono le regole d’ingaggio e incidono sulle posizioni ambigue e pericolose delle forze americane in Iraq. La ricostruzione di William Langewiesche non lascia nulla al caso, non cerca la polemica gratuita e parte da antefatti e prologhi molto radicati: i marines colpiti nella polvere di Al-Haditha e trasformati in cupe macchine vendicatrici avevano combattuto a Falluja, una città dove avevano visto prima bruciare e fare a pezzi quattro contractors e poi trovato la sconfitta nella primavera del 2004. Erano tornati in autunno, in forze, per raderla al suolo. E’ dentro quelle battaglie che le Regole d’ingaggio sono collassate, senza capire perché sia necessario uccidere o morire, se non per assecondare Von Clausevitz quando diceva: “La guerra è un atto di violenza, e non si danno limiti alla manifestazione di tale violenza”. Missione compiuta.
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