martedì 25 maggio 2010

Don DeLillo

C'è più di un sottile, oscuro collegamento tra Bucky Vunderlick, il protagonista di Great Jones Street,  e Bob Dylan. Sono tutte e due rockstar. Si sono nascosti, al culmine di un periodo di onori e glorie, in una strada di New York. Vivono gli stessi anni: il 1972, il 1973, il 1974. Anni di sconfitte. Progettano di tornare indietro, alle radici. Uno con i Nastri della montagna, l'altro pubblicando i suoi Basement Tapes. Entrambi interpretano il rock'n'roll cliché del musicista in ritiro, che cerca di sfuggire quell'ultimo passo indispensabile per diventare immortale, un mito. Lo stesso, per intenderci, che hanno fatto Jimi Hendrix, Janis Joplin e Jim Morrison soltanto qualche anno prima. Fatalità, sacrificio o certezza assoluta per come la vede Don DeLillo nell'incipit di Great Jones Street, che nell'insieme è la perfetta descrizione della rockstar: "Forse l'unica legge connessa alla celebrità vera consiste nella sicurezza che il celebre, prima o poi, è spinto al suicidio". Più di qualsiasi iperdettagliata enciclopedia, più dell'opera omnia di Greil Marcus, Great Jones Street  affonda nel cuore della storia del rock'n'roll e dello stardom system, scoprendone un nucleo oscuro e maledetto, ma anche vitale nel contrapporsi di quelle forze che lo compongono in quanto, come mirabilmente ha scritto Don DeLillo, "l'artista siede immobile, in definitiva, perché la materia con cui opera inizia a plasmargli la vita invece di lasciarsi plasmare, e nell'immobilità l'artista cerca una forma di autodifesa che abbia esito nella putrefazione o in un'immobilità colta nello scorrere del tempo". Allora sono rivoli di voci (quelle voci che costituiscono la principale forma di comunicazione nello showbiz), una processione di personaggi improbabili, allucinazioni e abulie a distinguere la vita quotidiana in Great Jones Street dove la più grande rockstar che sia mai esistita ha già deciso: "Voglio lasciarmi sprofondare nelle paludi della storia. Quando la stagione diventerà quella adeguata, farò ritorno a qualunque cosa mi aspetti fuori da qui. Il problema è solo quale rumore fare o fingere". Rumore, fiction, rock'n'roll: poi, qualche anno dopo Bucky Wunderlick, una mattina di dicembre del 1980, un fan armato di copia da far autografare e di revolver aspetta il suo turno per entrare nella storia. Prima che il sole tramonti, John Lennon diventerà una luce nel cielo con tutti i suoi diamanti e gli incubi di Great Jones Street  entraranno nelle cronache. Le visioni di Don DeLillo scivolano sul filo del rasoio dell'ambiguità e narrano la vita, la realtà con una tale lucidità che sui giornali benpensanti lo dipingono come paranoico. Chissà perché.

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