lunedì 24 maggio 2010

Sam Shepard

Sam Shepard è l'equivalente nella narrativa di J.J. Cale nel rock'n'roll. Gli basta lavorare ogni tanto per Hollywood per permettersi la vocazione alla scrittura, alla solitudine e ai silenzi. Poi torna a riportare nei suoi racconti sensazioni, emozioni e frammenti di vita che si possono cogliere soltanto stando a distanza di sicurezza dal frastuono quotidiano delle news, della guerra e della politica, delle mode e dei trend. Un modo di vivere che il protagonista di Stranieri una delle più brevi (sono un paio di pagine) ed intense short stories raccolte in Il grande sogno spiega e riassume così: “La verità è che comunque io preferisco starmene a casa. Di avventurarsi fuori non vale proprio la pena. Affari in giro non ce ne sono più. Ormai si sono fatti furbi”. Una scelta di frontiera che si aggiunge alla complessa geografia da sognatore di Sam Shepard: gran parte dei racconti sono ambientati on the road, in viaggi le cui mete sono confuse, disordinate, spesso inesistenti (“Mi sembrano lontanissime. Non so in che città mi trovo. Non importa. Non so in che città andrò”) perché è sempre lì in mezzo, tra il dentro e il fuori, la partenza e l'arrivo che si muovono i suoi personaggi. Seguendone i percorsi stradali e mentale, Il grande sogno diventa quasi il lato b di Attraverso il paradiso (di cui condivide anche parte del titolo visto che l'originale era Great Dream Of Heaven) e ne completa l'esplorazione arrivando a definire uno stato di grazia che Sam Shepard cerca da sempre, ovvero quel momento in cui non c'è più "nessun divario fra come immagina le cose e il modo in cui sono". Con questa attitudine a riportare l'immaginazione al centro del proprio universo, Sam Shepard mostra una vita e un tempo che sembrano sfuggirci. Non a caso, Il grande sogno è popolato in misura uguale da animali ed esseri umani: il falco (ferito e stupendo, che non può non ricordare La luna del falco, ovviamente) in L'occhio, il ronzino riottoso di L'uomo dei cavalli che viene disciplinato con metodi (piuttosto) discutibili, ma efficaci e poi una miriade di esseri viventi, più o meno in sintonia con gli uomini e le donne che non sono meno pericolosi e selvaggi di loro. A riprova basta inoltrarsi nella dozzina di pagine di Una domanda inopportuna dove, complice un vecchio fucile, una festa in famiglia diventa una sorta di incubo. Un animale, un dettaglio, un momento, persino qualche messaggio sulla segreteria telefonica (Tinnitus), una scheggia di cemento (Un pezzo del muro di Berlino) una scritta sopra il bancone di un bar (Il cartello) bastano e avanzano per stendere piccole mappe delle nevrosi, dei fallimenti, dei sogni e dei turbamenti del genere umano. Ed è vero che i paesaggi, le highway e il rock'n'roll sono tipicamente americani, ma Sam Shepard è l'interprete di un'America che è piuttosto un luogo della mente, un ideale, una possibilità, forse quel paradiso che sta nel riavvicinarsi alla propria natura.

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