lunedì 31 maggio 2010

Susan Sontag

Fino ad oggi, il miglior scritto di narrativa dedicato alle umanissime e dolorosissime conseguenze dell'AIDS è uno dei pochi capolavori pubblicati negli ultimi anni, Festa di nozze di John Berger (Il Saggiatore). Avvincente storia d'amore, che fugge all'ombra inquietante dell'AIDS per celebrare (sembrerebbe impossibile) la struggente bellezza dell'abbandono e della condivisione. Ai malinconici (eppure stupendi) momenti di poesia di Festa di nozze si aggiunge oggi Così viviamo ora di Susan Sontag. E' un piccolo libro che nasconde un grande racconto, tutto giocato sull'orlo del cliché linguistico con un'abilità sorprendente: la storia è semplicissima (anzi, praticamente inesistente) e Susan Sontag sfoggia una destrezza narrativa tale da condensare in pochissime pagine drammi e sentimenti che vanno dall'amicizia alla disperazione, dall'accettazione alla lotta per la vita. Sceneggiatura minimale, ambientata negli appartamenti di una New York intellettuale e, tutto sommato, benestante: in un gruppo di amici si discute il modo migliore per affrontare l'AIDS (come argomento di discussione e come evenienza reale, visto che ha colpito uno di loro) e il suo riflesso sui valori già acquisiti di amicizia, lavoro, vita sociale. O, meglio: i vari Ira, Ursula, Yvonne, Greg e Frank di Così viviamo ora cercano, per dirla con le stesse parole di Susan Sontag, "una specie di coabitazione" con la malattia. Non importa se ci riescono o meno, se a volte la dignità, o soltanto una compostezza, va persa in lacrime e scoramenti: quello che sembra sottolineare Così viviamo ora è l'irresistibile desiderio di comunicare, di scambiarsi informazioni, fossero semplicemente colpi di telefono per risollevare il morale o per sapere come sta o come va. Ed è proprio questo repentino scambio di dati il tratto saliente del racconto di Susan Sontag, sottolineato tra l'altro dalla mancanza di punteggiatura nei discorsi tra un amico e l'altro. Un effetto particolarmente riuscito che imprime a Così viviamo ora un ritmo compresso, serrato eppure fluente. Parlare, raccontare, comunicare sembra la terapia migliore, se non proprio per il vero paziente, sicuramente per tutti quelli che gli sono vicini. Così, in un sovrapporsi di fraterne sollecitazioni, chiacchiere, domande e risposte, i personaggi di Così viviamo ora si mantengono vivi e lontani dalla paura anche se sono ben consci della realtà che stanno vivendo. "Stiamo imparando come si muore" recita un passaggio particolarmente lucido del racconto di Susan Sontag, ma non è tutto lì perchè attraverso le parole, la loro costante fruizione, Così viviamo ora spiega anche come è possibile vivere.

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