Fino
ad oggi, il miglior scritto di narrativa dedicato alle umanissime e
dolorosissime conseguenze dell'AIDS è uno dei pochi capolavori
pubblicati negli ultimi anni, Festa
di nozze di
John Berger (Il Saggiatore). Avvincente storia d'amore, che fugge
all'ombra inquietante dell'AIDS per celebrare (sembrerebbe
impossibile) la struggente bellezza dell'abbandono e della
condivisione. Ai malinconici (eppure stupendi) momenti di poesia
di Festa
di nozze si
aggiunge oggi Così
viviamo ora di
Susan Sontag. E' un piccolo libro che nasconde un grande racconto,
tutto giocato sull'orlo del cliché linguistico con un'abilità
sorprendente: la storia è semplicissima (anzi, praticamente
inesistente) e Susan Sontag sfoggia una destrezza narrativa tale da
condensare in pochissime pagine drammi e sentimenti che vanno
dall'amicizia alla disperazione, dall'accettazione alla lotta per la
vita. Sceneggiatura minimale, ambientata negli appartamenti di una
New York intellettuale e, tutto sommato, benestante: in un gruppo di
amici si discute il modo migliore per affrontare l'AIDS (come
argomento di discussione e come evenienza reale, visto che ha colpito
uno di loro) e il suo riflesso sui valori già acquisiti di amicizia,
lavoro, vita sociale. O, meglio: i vari Ira, Ursula, Yvonne, Greg e
Frank di Così
viviamo ora cercano,
per dirla con le stesse parole di Susan Sontag, "una specie di
coabitazione" con la malattia. Non importa se ci riescono o
meno, se a volte la dignità, o soltanto una compostezza, va persa in
lacrime e scoramenti: quello che sembra sottolineare Così
viviamo ora è
l'irresistibile desiderio di comunicare, di scambiarsi informazioni,
fossero semplicemente colpi di telefono per risollevare il morale o
per sapere come sta o come va. Ed è proprio questo repentino scambio
di dati il tratto saliente del racconto di Susan Sontag, sottolineato
tra l'altro dalla mancanza di punteggiatura nei discorsi tra un amico
e l'altro. Un effetto particolarmente riuscito che imprime a Così
viviamo ora un
ritmo compresso, serrato eppure fluente. Parlare, raccontare,
comunicare sembra la terapia migliore, se non proprio per il vero
paziente, sicuramente per tutti quelli che gli sono vicini. Così, in
un sovrapporsi di fraterne sollecitazioni, chiacchiere, domande e
risposte, i personaggi di Così
viviamo ora si
mantengono vivi e lontani dalla paura anche se sono ben consci della
realtà che stanno vivendo. "Stiamo imparando come si muore"
recita un passaggio particolarmente lucido del racconto di Susan
Sontag, ma non è tutto lì perchè attraverso le parole, la loro
costante fruizione, Così
viviamo ora spiega
anche come è possibile vivere.
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