martedì 9 dicembre 2025

Grace Paley

Aveva capito benissimo Salman Rushdie quando diceva che quella di Grace Paley era “una voce determinata come non mai a chiamare le cose con il loro vero nome”. Con il raro dono della brevità, le frasi misurate verso per verso e costruite per sottrazione, parola dopo parola, secondo un’infinita sequenza ritmica dove spazi e punteggiatura vengono interpretati come parti del discorso, non meno di pause e silenzi, Grace Paley nomina quello che esiste lontano e vicino a lei, in città e oltre. New York è lo scenario, il labirinto, il campo da gioco, il terreno da attraversare, casa sua e una cassa di risonanza. Grace Paley ne ascolta echi e riverberi, suoni, frammenti e rumori che diventano poesia come spiega in La natura di questa città: “Le parole costano poco ma l’assortimento è vasto e ad assistere al dialetto c’è una regola per tutti e in ogni frase una grammatica perfetta”. I luoghi d’elezione sono numerosi, da Battery Park (protagonista in Alla Battery: “Sono ferma su un piede solo sulla prua della grande Manhattan mi sporgo in avanti mi proietto un poco nel porto lucente. Se solo un topografo in elicottero passasse sopra la mia ombra potrei rimanere impressa per sempre sulle mappe di questa città”) alla dimensione domestica, dove “l’ascoltatrice” sceglie l’ambito famigliare per esplorare le emozioni ed estrapolare una lingua composita e originale. La percezione di una realtà cosmopolita, con l’orecchio sensibile alle notizie che popolano l’aria, si adatta a origliare parti di conversazioni con lo specifico scopo dichiarato in Abitare: “Dove potremmo instaurare modelli di benessere e agiatezza in garbata crescita il che richiede ovviamente che la terra non salti in aria o venga irrimediabilmente avvelenata e che tu e io restiamo se non amanti almeno cordiali creatori di famiglia e continuità”. I ruoli si intrecciano e si sovrappongono: non c’è alcuna distanza tra i bambini e la madre, ogni aspettativa è una componente immaginifica che in Vita descrive così: “Certi si prefiggono imprese altri dicono fai come ti pare vivi e basta altri ancora dicono uh uh non ti scorderò mai evento della mia prima vita”. Le sequenze sono un continuo alternarsi tra dentro e fuori, interno ed esterno, lei e il resto del mondo, visibile e invisibile. In Domanda si  chiede: “Dato che il cuore è fatto per durare, perché non dura?”, per trovare in seguito una possibile risposta in Certi giorni: “Certi giorni non sono innamorata e il mio cuore gira a vuoto”. L’impasse è momentaneo, giusto il tempo di un respiro, perché “poi arriva lei, l’artista e racconta la storia delle storie” e Una poesia sul raccontare la ritrova “voltandosi indietro a guardare la bellezza”. Questi sbalzi sorprendono la stessa Grace Paley e in Parole ammette: “Cos’è successo? La lingua mi sfugge, le belle specifiche parole della mia vita vengono meno quando chiamo”. Con Grace Paley, le incombenze del poeta si snodano e si attorcigliano attorno alla sua identità che necessariamente deve essere doppia, se non proprio multipla, o moltitudine. Basta scorrere il lungo elenco di Responsabilità, dove sono allineate parecchie ipotesi, tutte valide: È responsabilità del poeta cantarlo in tutte le melodie originali e tradizionali dei poemi cantati e narrati. È responsabilità del poeta ascoltare le dicerie e farle girare così come i narratori decantano la storia della vita”. Il consiglio che spunta all’improvviso, ma non inaspettato, è “forse è solo che dovresti parlare più semplice”, perché come diceva, ancora, in Certi giorni: “Non serve poi molto, aria, buonsenso, energia un rumoroso prendere e un sonoro restituire”. Ammirevole.

Nessun commento:

Posta un commento