venerdì 30 giugno 2017

Herman Melville

Lasciate perdere le baleniere e le prede che inseguono. Quelle navi, secondo Giacca bianca sono soltanto squallide ombre all’orizzonte rispetto alla Neversink alias (in realtà) United States, fregata della marina militare americana. La distinzione, non priva di ironia, è dello stesso Melville che trascorre una crociera di un anno, doppiando Capo Horn e arrivando nella baia di Rio. La descrizione di Herman Melville è fitta, nitida e particolareggiata come un diario di bordo alternativo, frutto di quella che chiama La ricerca della poesia tra mille difficoltà, uno dei tanti titoli dei capitoli di Giacca bianca già esplicativi in sé. La vita, o meglio, “il tumulto che regna” su una nave da guerra, è una macchinosa trattativa quotidiana con lo spazio limitato, con le dure esigenze della navigazione e con gli elementi, altrettanto estremi. Gente di mare particolarmente soggetta a subire le condizioni del tempo, sa come affrontare la burrasca e la bonaccia, ma è sempre in difficoltà nella convivenza obbligata tra le pareti catramate del vascello perché “qui i figli delle avversità s’incontrano con i figli delle calamità, e qui i figli delle calamità s’incontrano con la prole del peccato”. Con un equipaggio di cinquecento uomini, Lo stato sociale su una nave da guerra è soggetto a numerose variabili, spesso contraddittorie. Gli ordini sono perentori, l’organizzazione è disciplinata dagli articoli di guerra, giorno e notte sono scanditi da compiti, postazioni e turni rigorosi, ogni errore viene corretto a colpi di frusta (anche Giacca biacca ovvero Melville rischierà di essere punito per una piccola amnesia). Non c’è via di scampo: la diserzione, o soltanto un tentativo di lasciare la nave, portano a conseguenze drammatiche, come succede al nocchiere. Mentre la Neversink è ancorata in porto, tenta di raggiungere la riva in cerca di avventure notturne, ma dopo pochi metri in mare viene colpito alla gamba dal colpo di fucile sparato da una sentinella. Nel tentativo di salvarlo, il dottor Cuticle tenterà un’amputazione in una delle scene più agghiaccianti di Giacca bianca. L’abnegazione della “gente di bordo” è raccontata in modo epico da Melville che mette in risalto anche tutte le altre variabili, spesso invisibili e impercettibili, con cui si sopravvive sulla Neversink: la benevolenza (o meno) degli ufficiali, i rituali e le superstizioni, il contrabbando, l’alcol e quegli sprazzi di generosità interpretati da Jack Chase, un nobile lupo di mare, perché “in realtà una nave da guerra è una città galleggiante”. Si nota nella somma dei dettagli, delle consegne, degli ordini che compongono il linguaggio, un gergo che Giacca bianca riporta minuziosamente, ricordando “gli uomini alle aspe, quelli pronti a incocciare le gaschette dal viradore alla gomena, quelli che alavano, quelli al viradore, i lavativi e tutti gli altri, si arrampicarono su per le scalette fino ai bracci e alle drizze, mentre, come scimmie sulle palme, quelli che mollavano le vele uscivano su quegli enormi rami, i nostri pennoni; e giù si dispiegavano le vele come nuvole bianche dall’etere, gabbie, velaccini, velacci e stragli; e via, forza con quelle drizze, fino a che ogni vela fu ben tesa”. Per quanto inserito a pieno titolo nella ciurma, Melville rimane molto polemico nei confronti della marina e, per estensione, del governo. Le ragioni non mancano: le condizioni di vita proibitive, la violenza delle punizioni corporali (la fustigazione, che condanna in diversi capitoli), i ritmi massacranti, la scarsezza del cibo e del sonno, più di tutto la distanza tra gli ufficiali (compreso un ammiraglio alcolizzato) e l’equipaggio, lo angustiano. Herman Melville non riesce a conciliare “l’aristocrazia su una nave da guerra” e “la democrazia di tutte le cose”, implicita nella primordiale idea della rivoluzione americana. Il naufragio (metaforico) è nell’aria e Melville lo avverte quando dice che “allora finché esisterà una nave da guerra essa rimarrà sempre il paradigma di quanto c’è di tirannico e di repellente nella natura umana”. Fine. La sfida sarà un’altra: al largo, dietro le creste delle onde, s’intravede Moby Dick.

Nessun commento:

Posta un commento