L’idea fondamentale per comprendere a fondo Opus
Pistorum
e con ogni probabilità di gran parte dell’opera di Henry Miller l’ha spiegata
lui stesso in un'intervista a Robert Snyder citata nella postfazione di
Fernanda Pivano: “La ragione per cui ho parlato tanto del perverso, del brutto,
dell'immorale e del crudele è che volevo si sapesse quanto importanti siano
queste cose: importanti almeno quanto il bene. In realtà non ho fatto che
riprendere l’idea dell’accettazione sostenuta da Walt Whitman”. L'accostamento
al bardo di Foglie d’erba è tutto meno che profano perché in effetti
tutti i romanzi di Henry Miller sono una sorta di inno alla libertà
d’espressione, prima ancora che alla libertà sessuale. Una sorta di estensione
letteraria (infinita) del primo emendamento della costituzione americana. Lo
stesso Opus Pistorum, nel suo travagliato cammino di incesti, fellatio, orge e
depravazioni è uno straordinario atto di coraggio che vede nel sesso lo
strumento liberatorio per eccellenza, la lente attraverso cui è possibile
vedere e tenere viva “quella piccola scintilla di coscienza”, come la chiama lo
stesso Henry Miller. Parigi è la città perfetta per John Thursday o Jean Jeudi
o Gian Giovedì (dipende dalla lingua che si vuole usare) che è un protagonista
irrequieto e poco malleabile, sempre pronto a ficcarsi nei guai, anche più di
Henry Miller. L’espressione della joy de vivre è rutilante, all’ultimo spasmo,
eppure velata dalla consapevolezza che “viviamo in una terra di fantasmi. Il
mondo è mezzo morto prima di nascere. La gente sta a cavalcioni della sua vita
con un piede nella fossa e l’altro ancora infilato nell’utero”. Pagato dal suo
amico libraio Milton Luboviski, un dollaro a pagina (e una volta giunto in
fondo, Henry Miller gli disse: “Ecco la fine del libro. Spero che tu ci
guadagni tanto da pagarti l’affitto per qualche mese), Opus Pistorum è una cavalcata
erotica, folle e senza freni, tanto da lasciare attonito anche Henry Miller:
“Io mi prendo la testa fra le mani. Non c’è più religione. Non c’è più serietà.
La cosa mi è completamente sfuggita di mano”. Si capisce, così come sarebbe
logico, a questo punto, ricordare ancora una volta i processi e le censure che
ha subito (e non solo per Opus Pistorum) nonché le prese di posizione in suo
favore (da Saul Bellow a Ezra Pound, da Bernard Malamud a William Styron), ma
sarebbe un argomento degno di un intero saggio. Paradossalmente, le reazioni
isteriche delle accademie e delle istituzioni, che oggi si traducono
nell’indifferenza più totale, hanno avvalorato ancora di più la sua opera e
anche “una particella, una bizzarria di giovinezza” come Opus Pistorum (la definizione è di
Fernanda Pivano) assume i contorni di un romanzo dall’espressività
incontrollata, caotica, geniale ed estremamente vitale. “Qualunque cosa sia il
sesso è dall’altra parte del muro” scriveva Norman Mailer a proposito
dell’ossessione di Henry Miller e non è un mistero che Opus Pistorum sia un piccolo foro che
ne coglie tutta l’energia, la follia, la crudeltà e, in fondo, la bellezza.
Nessun commento:
Posta un commento