lunedì 7 aprile 2025

Carl Hiaasen

Il primo a farsi notare è Palmer Stoat, “noto lobbysta, faccendiere e procacciatore di affari” che si presenta giusto così: “Io ricevo le telefonate e faccio le mie magie”. Un lavoro interessante, tutto sommato. Tra i difetti fisiologici di un mestatore professionista ha un tic speciale: storpia i titoli delle canzoni, e questo è un indizio importante. Nella sua posizione, compresa l’avvenente moglie (Desie alias Desiderata) è il perno attorno a cui ruota tutto un losco e macchinoso affare, ovvero il tentativo di trasformare Toad Island, un piccolo angolo di paradiso sulla costa della Florida abitato da un’innocua comunità di rospi, in Shearwater, un’area residenziale completa degli inevitabili campi da golf, attracchi per turisti e altri ammennicoli per un affare di ventotto milioni di dollari. La cifra è indicativa, ma non esaustiva: per collegare l’isola bisogna sostituire l’antico ponte e quando si tratta di infrastrutture e serve l’intervento del governatore e delle risorse pubbliche, viene il momento della mobilitazione di Palmer Stoat, per il quale “qualsiasi cosa non potesse mangiare, bere o riorganizzare veniva gettata via”. È proprio lì che nasce il problema, perché viene intercettato mentre disperde rifiuti dalla lussuosa BMW della moglie. Purtroppo per loro, incrociano Twilly Spree, erede di una fortuna e libero pensatore (mettiamola così), che odia i contaminatori di ogni origine e specie e dato che “la vendetta non dovrebbe mai essere ambigua”, agisce di conseguenza. Ne succedono di tutti i colori perché Cane sciolto è un romanzo pirotecnico, divertente e agrodolce. Quella punta di amarezza è dovuta al sottofondo realistico dell’intreccio di politica, affari, sfruttamento del territorio perché, come scrive Carl Hiaasen “questa storia non riguarda i rospi, ma riguarda il saccheggio”. Non buttare niente dal finestrino sarebbe già un successo, e c’è un umorismo cupo e sottile, ma costante nel febbricitante racconto di Cane sciolto. La fumosa grigliata di Carl Hiaasen prevede di tutto e i personaggi fioriscono senza sosta in un caos che comprende, in ordine sparso: politicanti, speculatori, poliziotti, bracconieri, parassiti, miracolose polveri dai corni di rinoceronti, molto alcol, bambole, sigari e ossessioni e perversioni distribuite a pioggia, compreso un tremendo killer con una cresta punk, un abito pied-de-poule e stivaletti che “Gerry and the Pacemakers avrebbero potuto portare nel 1964”. Qui siamo in un’altra era e un labrador, che poi è il vero protagonista di Cane sciolto, viene rinominato McGuinn, proprio in omaggio a Roger e in particolare a Back From Rio. Troverà un degno compare in Twilly Spree, che “pur apprezzando la poesia, sentiva che la sovversione era una causa più valida”. La Florida pare il luogo adatto per mettere in pratica la sua visione e il finale si fa convulso: non di rado con Carl Hiaasen ci si innamora dei personaggi, ma quando sono troppo nei guai e il racconto si fa via via sempre più frenetico, si sente anche l’istinto di lasciarli ai loro destini assecondando la storia, giusto per vedere come andrà a finire. Cane sciolto è l’apoteosi dell’immaginario di Carl Hiaasen che contiene la Florida con le sue bellezze naturali e i disastri umani, la sensibilità per l’ambiente e i destini delle persone, l’indignazione per la politica autoreferenziale e una corruzione endemica, tutto dispiegato a ritmo di rock’n’roll, qui elencato in un modo o nell’altro: Dylan, Beatles, Stones, Derek & The Dominoes, Doors, Beach Boys, Jethro Tull, Creedence Clearwater Revival e Tom Petty con Rebels cantata all’unisono dalla stramba e fragile alleanza tra Twilly Spree e Desie Stoat. Conoscono entrambi le parole giuste, ed è quello che fa la differenza.

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