martedì 26 febbraio 2019

Tennessee Williams

Una ragazza incinta chiusa in una stanza. Una donna che vagheggia un amante e una gravidanza isterica. Una cena a base di radicchio cotto poco e male. Una bambina che cammina lungo la ferrovia ricordando il fantasma della sorella. Sono le donne a interpretare I blues che sgorgano da “una specie di precoce, tragico abbandono”, sintomi di un malessere, la solitudine, che avvolge le loro notti americane. Le indicazioni di Tennessee Williams sono essenziali, precise, nel definire gli scenari dell’azione, eppure vanno ben oltre il registro teatrale. Introducendo La camera buia inquadra così la cornice in cui si svolge il dialogo tra la signorina Morgan e la signora Pocciotti: “Cucina di un modestissimo appartamento di tre stanze nel quartiere industriale di una grande città americana. Il fornello e l’acquaio denunciano una gran sciatteria nel governo della casa. Sul fornello è inchiodato un cartello: sorridere sempre”. Il vuoto è palpabile, disturbato soltanto dall’improvvido intervento di Lucio (gli intrusi appaiono con una certa regolarità nei blues di Tennessee Williams) e si manifesta nel malinconico fatalismo della signora Pocciotti: “Mio marito non ha la testa. Io devo lavorare. Ci arrangiamo come possiamo. Se va così, vuol dire che così vuole Dio. Se va male va male. Non so. Questo posso dire”. La risposta della signorina Morgan, giunta per assistere la ragazza rinchiusa è lapidaria: “Della sua volontà temo non si potrà tener conto. E neanche della sua, cara signora. Lei ha dimostrato una assoluta incapacità di accudire questa ragazza. Che dico? Lei ha addirittura contribuito al suo deterioramento morale”. La stessa tensione pervade Ritratto di Madonna (“La stanza di soggiorno di un modesto appartamento di città. I mobili sono antiquati, l’abbandono e il disordine dominano. Una porta nella parete di fondo conduce a una camera da letto, un’altra a destra nell’anticamera”) dove la signorina Lucrezia Collins insegue i fantasmi al punto di dover far intervenire una piccola folla. Anche l’entrata in scena degli altri personaggi è sottolineata da piccoli dettagli, molto eloquenti: “La porta si richiude sbattendo. Qualche secondo dopo entra un vecchio portiere che indossa un vecchio camice grigio ordinario. Si dà un’occhiata attorno l’aria di chi è incuriosito da una cosa comica e triste, poi chiama timidamente”. Prima che la signorina Collins venga avviata al suo malinconico destino “una musica si sente piano mentre gli uomini escono lentamente, chiudendo la porta, e le luci svaniscono”. A quel punto I blues cambiano sfondo e dal contesto urbano si avviano verso orizzonti rurali: “Il sipario si leva sul portico e sul cortile adiacente a un cottage a Monte Blu, Mississippi. La casa di legno è smunta, e ha un intonaco di un color verde-grigiastro rigato di colature nere dal tetto; le linee della costruzione non sono perfettamente ortodosse. Dietro è la cupa volta del cielo macchiato dal rosa di un minaccioso tramonto, mentre il vento ha guaiti da gatto. Verso il proscenio, in mezzo al cortile adiacente, prospera un enorme rosaio, di una bellezza vagamente sinistra”. C’è sempre una musica in sottofondo e in La lunga permanenza ovvero Una cena poco soddisfacente diventa parte della forma dei dialoghi come avvisa lo stesso Tennessee Williams: “Le battute uniformemente cadenzate del dialogo fra Baby Doll e Archie Lee possono essere cantilenate come una specie di curioso incantesimo corale, e si possono dividere i passaggi in strofe e antistrofe a seconda dei movimenti di Baby Doll su e giù per il portico”. I blues americani collimano con i paesaggi della loro origine naturale. Anche il crepuscolo diventa blu e Proibito (“Terrapieno ferroviario alla periferia di una cittadina del Mississippi in una di quelle mattine d’inverno lattiginose così frequenti da quelle parti. L’aria è umida e pungente. Dietro il basso terrapieno dei binari si innalza una gran casa gialla di legno tragicamente vuota”) evoca con la voce di Willie la sorella, Alva, che sapeva stare “in società”, accoglieva “macchinisti, fuochisti, frenatori”, ed è finita “in compagnia dei vermi”. Più blues di così c’è soltanto qualche corvo che “di tanto in tanto manda un suono di stoffa lacerata con violenza” o l’eco doloroso di una chitarra che evoca gli spettri tra le colline del Delta.

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