Non è da sottovalutare, Mario Balzic: beve, bestemmia, parla da solo, trascura la famiglia, è lunatico e istintivo, ma in qualche modo lasciare intuire che è nel giusto. O dovrebbe esserlo: Lo scambio imperfetto è un’istantanea nitida e clamorosa del groviglio di do ut des che determinano gli ambiti in cui il potere (amministrativo e politico, giudiziario e criminale) si esprime in tutte le sue forme. Il milieu in cui si muove Mario Balzic è chiarissimo fin dall’incipit in cui deve incontrare il nuovo sindaco di Rocksburg, Pennsylvania. Kenny Strohn è il classico politico dell’era reaganiana (Lo scambio imperfetto è del 1983), peraltro perfettamente intercambiabile con l’attualità: repubblicano, brillante, superficiale, incompetente e salutista, ha vinto le elezioni a colpi di slogan e promesse, ma non ha la più pallida idea di cosa succeda nella sua città. L’incontro e poi lo scontro con Balzic, che essendo il capo della polizia è un suo diretto dipendente, serpeggia dall’inizio alla fine perché “i cambiamenti sono sempre complicati” ed è acceso dal brutale omicidio di una ragazza. Un’esecuzione, evidentemente, che si intreccia con la scoperta di due strani furti ai danni di Thurman Burns alias Red Dog, uno spacciatore che per tutto Lo scambio imperfetto sarà il perfetto convitato di pietra. Il caso diventa un’ossessione personale di Balzic: alla ragazza non è stata concessa alcuna pietà (le hanno sparato in faccia) ed è destinata a restare senza identità. Smuove i suoi agenti, la polizia dello stato, i procuratori, fino ad arrivare a un patto con Rufee, l’intoccabile ras di Rocksburg. Il plenipotenziario dei traffici e la sua accolita sono afroamericani e per K. C. Constantine è un gioco delle tre carte a svelare le increspature del meltig pot distribuendo una lunga teoria di cognomi italiani (Bellotti, Muscotti, Caruso, Fischetti, Marazzo, Ilberti, Scalzo, Aldonelli, Donelli, Prudente) e sottolineando le origini ebraiche di Michael Franks, a capo di una triade di agenti della narcotici corrotti e senza scrupoli che comprende anche Frank Gensheimer e William Cortese. Le tensioni razziali sono un fiume carsico che, emergendo e scomparendo, attraversa Lo scambio imperfetto e ne definisce i contorni, anche se poi il destino dei principali protagonisti è identico visto che si tratta di gente con il biglietto di sola andata per un paio di destinazioni, la galera o la morte. Sapendo che “di solito, non esiste nulla che possa farti incazzare più rapidamente della realtà”, Balzic sa già che non ci sarà alcuna soluzione del caso (non c’è mai) e che, se vuole mantenere un minimo sindacale di credibilità, dovrà affidarsi a una lunga serie di patteggiamenti con personaggi ambigui e discutibili (Rufee per primo), scendendo nei bassifondi di Rocksburg. A quel punto, il sindaco scopre di essere “interessante quanto la neve in inverno” (parole di Balzic) e l’imperfezione dello scambio collima con un sistema (politico) che amministra l’ordine pubblico con una mano e la corruzione con l’altra. K. C. Constantine ci mette una congrua quota di ironia, ma c’è poco da divertirsi: Lo scambio imperfetto è un noir sui generis, tanto anomalo quanto importante, e più che sull’azione si regge sui dialoghi che sono frustate per il ritmo, per i contenuti che impongono, per le emozioni che coinvolgono i singoli personaggi, tutti uniti dal fatto che “la maggior parte delle persone che non avevano mai avuto problemi nella loro vita reagivano ai guai, quando si presentavano, come se ne venissero travolti, persino spacciati. Non avevano mai imparato tutti i modi che c’erano per fallire, quindi pensavano che il loro primo fallimento fosse l’unico”. Di sconfitte ce ne sono sempre molte di più e Balzic ne ha una collezione intera: Lo scambio imperfetto non fa sconti, nemmeno a lui, che nel perseguire un ideale di giustizia si ritrova coinvolto in una spirale di trattative, provocazioni, bugie e intrighi, un caos che, in fondo, puzza parecchio di verità.
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