Come è stato documentato da Jon Wiener in Dimmi la verità, per tutta la durata della sua permanenza sul suolo statunitense, John Lennon venne seguito, pedinato, controllato e monitorato da un’intera squadra di agenti dell’FBI. Nel momento fatidico, l’8 dicembre 1980, non c’era nessuno. È impossibile non pensarci leggendo La Jon Lennin Xperience, secondo racconto di Piscio sull’acqua di Rachel B. Glaser, che ci trasporta nella realtà virtuale di un videogioco dove si interpreta John Lennon (compreso un complicato traguardo da raggiungere insieme a Yoko Ono). Con una sorpresa dietro l’angolo: se il finale purtroppo è noto e invariabile, Rachel B. Glaser sfodera un cambio di prospettiva geniale e spiazzante. Non è l’unico, perché ha una cifra tutta sua nello spostare i ruoli, dall’autore al narratore, dal personaggio principale al comprimario, arrivando persino a rendere protagonista il libro in sé, come succede in L’ombrello magico (“Quando non ci sono libri interessanti a tenermi occupato, leggo me stesso. Conosco a memoria ogni mia parola”), compreso un piccolo elenco che somma Nabokov, Cheever e Henry James. Volendo cercare dei punti di riferimento nelle metamorfosi stilistiche andrebbero aggiunte Lydia Davis per l’elasticità delle strutture, Jennifer Egan per l’attenzione alla modernità e forse George Saunders per gli aspetti più surreali (a partire da Convenzioni iconografiche prerinascimentali e del primo Rinascimento: la rappresentazione italiana della flagellazione di Cristo, un titolo che è già un concept), ma i racconti di Rachel B. Glaser parlano ad alta voce: le repentine variazioni dell’ordine, della trama, dei punti di vista sono rapsodiche, inaspettate e impreviste perché a dispetto degli algoritmi e delle ossessioni digitali, in Infezioni scopriamo che “per fortuna la vita non può essere contenuta in uno stupido programma del cazzo”. Infatti Rachel B. Glaser annovera tanto le vere contorsioni sentimentali in La fidanzata triste (“Avere un fidanzato è avere il ruolo privilegiato in un racconto”) o le simboliche mutazioni che affliggono Le due Ellen. C’è qualcosa di kafkiano in loro e così in quelli che Il ragazzino chiama “non-momenti”. È una dimensione temporale indefinita, ma a suo modo logica: i racconti di Piscio sull’acqua sono costruiti nel vuoto, legando frammenti e seguendo imprevedibili soluzioni. La sorpresa è l’elemento che unisce le trame insieme a infinitesimali dettagli che si allacciano e si trasformano con le voci che si incastrano una nell’altra. C’è una costante, tra tutti i racconti, fatta di piccoli punti di riferimento sparsi che vengono collegati dai “legnetti”, la cui assidua presenza ricorda il potere divinatorio degli steli di achillea nell’I Ching, al tono, che resta sempre molto lineare e ordinato, come se la consapevolezza che “una vita è una cosa enorme” meriti una forma di rispetto stilistica. In effetti c’è un substrato di amarezza che si insinua nella ristretta terra di nessuno tra reale e virtuale e non a caso Piscio sull’acqua è punteggiato di richiami nella fitta colonna sonora (Pearl Jam, Nine Inch Nails, Kurt Cobain, Radiohead, Bob Marley, OutKast, Paul Simon, Kylie Minogue nonché gli Stones di Exile On Main Street) che sottolinea la “scintilla elettrica” del pop, onirica e psichedelica. Per inciso, qui è utile ricordare cosa scrivevano a proposito Hugh Barker e Yuval Taylor in Musica di plastica: “Quel che si intende per autentico tende a essere influenzato esattamente da ciò che si percepisce come falso, in senso peggiorativo; considerare autentico qualcosa, di conseguenza, spesso diventa un giudizio morale oltre che estetico”. Rachel B. Glaser supera quella dicotomia, le traiettorie sono disorientanti e ricordano piuttosto le “strategie oblique” di Brian Eno, dove è il caso a determinare l’evoluzione delle storie. Succede con La casa dei sogni, L’addestratore della scimmia o, più di tutte, in Piscio sull’acqua, dove Rachel B. Glaser rivela uno dei segreti meglio nascosti del rock’n’roll quando dice che “Chuck Berry riesce a fregare il tempo, lo rinchiude nelle battute, e tiene. Funziona”. Deve essere lì che ha imparato il trucco.
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