mercoledì 20 marzo 2013

Tom Waits

Anche con le forme dell’intervista, la voce di Tom Waits resta unica e impareggiabile. Del resto, dopo un po’ anche i coraggiosi che incontrano Il fantasma del sabato sera rimangono ipnotizzati dalla sua vena surreale e istrionica e finiscono per parlare come lui. Quella di Tom Waits è stata “un’avventura improvvisata” a partire dai romanticissimi esordi californiani, quando si era presentato come l’ultimo profugo della Beat Generation. Nelle prime interviste che Il fantasma del sabato sera colleziona spulciando tra fogli e fanzine dell’underground, la sua dedizione per Jack Kerouac, Alleng Ginsberg, Lenny Bruce e Charles Bukowski è più esplicita che in altre occasioni. Poi, lasciandosi alle spalle un’intera, lunghissima stagione vissuta con indomito spirito bohémien Tom Waits si è avviato a diventare uno dei più importanti artisti americani del ventesimo secolo, di sicuro il più singolare, coerente e coraggioso: “Me ne accorgo solo adesso. Mi accorgo che ho uno stile di vita, ma non so se lo si possa collegare agli stili di vita che c’erano prima di me o vanno di moda adesso o forse arriveranno domani. Io vivo così e basta”. Le interviste, collocate in ordine cronologico a ridosso delle uscite discografiche, dicono molto della sua biografia, anche se, da Swordfishtrombones in poi, è diventato sempre più elusivo ed enigmatico. “Sono solo una voce che qualcuno ha messo in giro” diventa il mantra con cui Il fantasma del sabato sera incrocia le gesta di Tom Waits che si rivela, una volta di più, uno storyteller convinto e reo confesso, visto che, senza lasciare molti margini all’interpretazione, dice: “Non apprezzo particolarmente la verità. Preferisco una storia ben inventata alla realtà dei fatti”. Scavando tra una battuta e l’altra, un aneddoto e un aforisma si scopre che Il fantasma del sabato è molto meno evanescente di quanto voglia apparire e che la sua eccentricità sia funzionale a qualcosa che somiglia a un empirico spirito di sopravvivenza perché “la verità non esiste. Le persone che sanno veramente come sono andate le cose non parlano. E le persone che non ne hanno assolutamente idea, invece, è impossibile farle stare zitte. E’ lo stesso con i pettegolezzi sulla tua vita e sulla vita della tua famiglia e dei tuoi amici. Siamo immersi nella stessa ipocrisia”. La constatazione non è fine a se stessa perché sia come songwriter che come attore Tom Waits ha creato una moltitudine di outsider e ha seguito un’infinità di tracce di “rain dogs” per non avere un’idea abbastanza precisa della terra che ha attraversato e del viaggio che ha compiuto: “C’è una solitudine comune che si estende da costa a costa. E’ come una crisi di identità collettiva che si allarga a macchia d’olio. E’ la notte americana, calda, scura e narcotica. Spero solo di riuscire ad afferrare questa sensazione prima di conquistare definitivamente un posto al sole, uno di questi giorni”. Una storia ben raccontata, insomma, abbasta sfuggente e volubile, da risultare, trattandosi di Tom Waits, fedele all’originale.

Nessun commento:

Posta un commento