domenica 30 aprile 2017

Susan Sontag

La selezione di racconti delimitata da Io, eccetera comprende materiali provenienti da un periodo che va dal 1963 al 1978. Un arco di tempo piuttosto ampio per trovare un allineamento preciso, ma d’altra parte il carattere antologico è rivestito da un caos previsto e ineluttabile e da un’invisibile coesione perché come proclama la stessa Susan Sontag “la saggezza richiede un modo di vita singolare in un altro senso, cioè perversa. Per sapere di più, devi evocare tutte le vite possibili, e poi lasciar fuori tutto quello che ti è sgradito. La saggezza è una cosa impietosa”. Ecco allora che si comincia con un Progetto per un viaggio in Cina e formulare un libro di esplorazioni e avventure ancora prima di partire contiene già tutta un’idea di scrittura singolare ed eccentrica, ovvero considerata come “l’unica soluzione: conoscere e non conoscere contemporaneamente. Letteratura e non letteratura, facendo uso degli stessi gesti verbali”. Tra le numerose variazioni sul tema contenute nel bricolage del Progetto per un viaggio in Cina c’è un primo indizio del collante che unisce gli altri frammenti di Io, eccetera ed è la collocazione degli individui nella schizofrenia ricorrente dei tempi moderni. L’ipotesi formulata da Susan Sontag è che “nessuna persona straordinaria ha l’aria del tutto contemporanea. La gente contemporanea non sembra affatto: sono invisibili”. A maggior ragione in Rapporto successivo all’operazione, un’altra immagine evidenzia il carattere conflittuale dei racconti: “In campo lungo: una chiazza cosmica, un agglomerato di energie sanguinanti. In primo piano, è un circuito stampato decifrabile senza difficoltà, un labirinto transistorizzato di orme animali, una banca dati per impronte vocali asmatiche. Solo alcuni cittadini hanno il diritto di essere amplificati e farsi sentire”. La disgressione più squillante dal punto di vista letterario è anche la più pertinente al filo rosso di Io, eccetera si trova invece è Il fantoccio, un androide e un doppelgänger che sostituisce il padre, il marito, l’impiegato. Il tema (non così) latente del doppio e della schizofrenia sfocia nella fantascienza e Susan Sontag riesce a muoversi con disinvoltura, anche in un contesto atipico, almeno per lei. Per capire cosa può essere Il fantoccio bisogna andare alla definizione di Robert Sheckley, riportata nel Dizionario degli esseri umani fantastici e artificiali di Vincenzo Tagliasco, per cui i “robot sosia” sono “identici all’originale e capaci di comportarsi in tutto e per tutto come il modello di riferimento: in altre parole dei sosia, dei doppioni, proiezioni della propria personalità in una situazione particolare”. Il fantoccio si rivela fin troppo fedele alle idiosincrasie umane, tanto è vero che nel capitolo successivo, dal titolo fin troppo espressivo di Vecchie lagnanze rivisitate, Susan Sontag si lascia sfuggire: “E se il mio concetto di oppressione e di libertà è mediocre, resta comunque un problema reale, sentito almeno vagamente da milioni di persone: l’invenzione della libertà”. Nell’insieme ci sta anche la personalissima rivisitazione di Susan Sontag di un figura letteraria fondamentale, Il dottor Jekyll, così come poi diventerà logica la conclusione di Giro turistico senza guida perché, in fondo, “la verità è semplice, molto semplice. Centrata. Ma la gente brama altre forme di nutrimento oltre alla verità. Le sue privilegiate distorsioni, nella filosofia e nella letteratura. Per esempio”. Da ritrovare.

Nessun commento:

Posta un commento