venerdì 6 agosto 2010

Joe R. Lansdale

La vita a Dewmont, una smalltown del Texas, scorre placida e monotona. Si nasce, ci si diverte un po' (e si combina qualche guaio) in gioventù, poi ci si sposa, si lavora e si tira avanti. In superficie. Negli angoli bui, dietro le porte chiuse, nei boschi e nella notte crescono le paure, le minacce, le follie alimentate dai dark places dell'animo umano. E' quello che scopre Stanley Mitchell, tredici anni, un'insaziabile curiosità e una famiglia che gestisce il locale drive-in (che deve essere un'ossessione di Joe R. Lansdale). Con l'aiuto del proiezionista (di colore) Buster Abbot Lighthorse Smith, si appassiona ad un paio di strani e inquietanti episodi: una ragazzina che brucia viva nel suo letto e un'altra che viene decapitata lungo la ferrovia. Attenzione, questi sono gli unici rimasugli dello splatterpunk con cui Joe R. Lansdale si fece conoscere agli esordi perché poi La sottile linea scura è uno splendido romanzo che pur senza aggiungere nulla di nuovo a temi già conosciuti (qui gli estremi sono abbastanza palesi: dal Buio oltre la siepe di Harper Lee a Stand By Me di Stephen King) ricostruisce quel mondo di ombre e luci che è l'adolescenza (“Il mondo si stava proprio rivelando un posto strano, e io mi stavo trasformando in un ragazzino sempre più confuso” dirà Stanley, ad un certo punto). Di più, La sottile linea scura esplora, in tutte le angolazioni possibili, la vita di provincia (“Probabilmente tutte le città erano come la nostra, e tanta gente non lo scopriva mai. Mi sarebbe piaciuto essere come tutta quella gente. Ma ormai il coperchio del mondo era stato sollevato, e tutti i segreti e le brutture avevano iniziato a venir fuori”), l'America degli anni Cinquanta che alla radio sente Splish Splash di Bobby Darin, Book Of Love dei Monotones e Rock'n'Roll Is Here To Stay di Danny And The Juniors e che vive ancora nell'oscurità della segregazione razziale (e qui è molto interessante la distinzione tra nero e negro che si rincorre per tutta la storia). Inevitabilmente, Stanley dovrà fare i conti con tutto ciò, districandosi non senza una certa astuzia, ma anche affrontando il cambiamento più impetuoso: quando finalmente si scopre in grado di conoscere, di capire o di cogliere il senso della vita e del mondo e si accorge che il più delle volte è tutto inutile (“La vita non è giusta, non è che tutto quanto deve tornare a posto come i pezzi di un puzzle. Certe cose sono così e basta, e non c'è niente da spiegare. Puoi venirtene fuori con un sacco di se e di ma, e qualche volta puoi anche scoprire la verità. Ma molte delle cose che succedono non hanno proprio senso, e non combaciano mai”). La sottile linea scura (ma anche In fondo alla palude, che in un certo senso l’anticipava) è rock'n'roll al 100% e non soltanto per le connotazioni storiche e geografiche (gli anni Cinquanta, il Texas, il drive-in), ma soprattutto perché contiene e svela il segreto che ci permette di non impazzire giorno dopo giorno: “Sta tutto nel pensare che sei diventato grande, e poi accorgerti che non è vero”. Indispensabile.

Nessun commento:

Posta un commento