Prendete uno scrittore che per capire il mondo s'inventa giornalista e mandatelo in vacanza con gli Hell's Angels (a bere, a divertirsi, a mettere a soqquadro le small town americane) per poco più di un anno, tra il 1964 e il 1965, fategli riordinare i suoi appunti a pieno ritmo per una settimana o giù di lì, minacciandolo di fargli restituire l'anticipo (già partito in birra, droghe, rock'n'roll e altre lussurie) ed avrete la storia di Hell's Angels. Lo scrittore in questione non poteva che essere Hunter Stockton Thompson: il Dottor Gonzo, il Raoul Duke di Paura e disgusto a Las Vegas e di dozzine e dozzine di altre deliranti storie. Una casa piena di fucili e pistole, abitudini quotidiane non proprio salutari, belle macchine, rock'n'roll e tante ragazze intorno: insomma, America. La scelta di seguire gli eventi che fecero scoprire gli Hell's Angels al mondo fu un po' casuale e un po' voluta perché il nostro Doc è uno a cui piacciono gli argomenti forti e la vita on the road, ma anche perché “il concetto di motociclista fuorilegge è unicamente americano quanto il jazz. Non era mai esistito nulla di simile. In un certo senso sembravano una specie di incrocio anacronistico, uno strascico umano dell'epoca del Wild West. Eppure, sotto altri punti di vista, erano nuovi quanto la televisione”. Si parla di oltre trent'anni fa: letto con le pinze, oggi, Hell's Angels è più utile a capire Hunter Stockton Thompson e l'America che non gli Hell's Angels stessi anche se, in fondo, la sua attualità è nel fatto che furono i mass media di una società da avanspettacolo a farne un caso. Come scrive il Doc: “Un giorno erano una gang di vagabondi, in cerca di un dollaro e ventiquattr'ore dopo facevano affari con fotografi, giornalisti, scrittori free-lance e ogni sorta di marchettari del mondo dello spettacolo che parlavano di gran soldi. Per la metà del 1965, si erano solidamente affermati come i cattivi delle favole di tutta l'America”. La famosa maggioranza silenziosa di benpensanti con la macchina sul vialetto e le ferie in Florida già pagate non aspettava altro: una nuova banda di fuorilegge, i nemici pubblici numero uno, i barbari del futuro. La questione era un po' più sottile e Hunter Stockton Thompson ha visto giusto quando, parlando degli Hell's Angels, scrisse che “la loro posizione è molto più di un malinconico desiderio di essere accettati in un mondo che non hanno costruito. La loro reale motivazione è un'istintiva certezza su quale sia il punteggio della partita. Sono fuori dal gioco e lo sanno”. Meglio così perché poi il gioco del sogno americano si sarebbe fatto un po' troppo sporco, anche per degli onesti fuorilegge come gli Hell's Angels che, naturalmente, ci tennero a ribadire le proprie scelte spiegando a lettere cubitali ad Hunter Stockton Thompson, la storia della sociologia e della filosofia in quindici parole (o giù di lì) che valgono qualsiasi romanzo: “Siamo l'un percento amico, l'un percento che non sta in riga e se ne fotte”. Anche Hunter Stockton Thompson ha imparato qualcosa stando in sella ad un'Harley, perché nel viaggio successivo, quello di Paura e disgusto a Las Vegas, si è infilato in una Chevrolet rossa ed ha lasciato libero il suo delirio di scoprire visioni e incubi nel deserto. Altri fuorilegge scalpitano per dimostrare che “l'insieme uomo-macchina (cioè, Harley) è molto più della somma delle sue parti”, o semplicemente per godersi la propria libertà. Il resto, con tutte le precauzioni del caso, è ormai parte della storia.
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