domenica 13 giugno 2010

James Lee Burke

Nemmeno il riposo dei giusti riesce a tenere lontani dai guai Dave Robicheaux e Clete Purcel, in questo romanzo protagonisti allo stesso livello. Sono in trasferta, ospiti di uno scrittore (che potrebbe essere benissimo Thomas McGuane) e vorrebbero, con tutte le loro forze, un po' di tranquillità, anche perché si sono lasciati alle spalle New Orleans e la Louisiana dopo le devastazioni degli uragani Rita e Katrina. Clete Purcel arriva lasciare da parte per un attimo la sua attitudine metropolitana per andare a campeggiare sul versante di una montagna, con l'unica idea di pescare e stappare una birra dopo l'altra, niente male come idea di vacanza. Non gli riesce nemmeno di cominciare: arrivano due loschi figuri che prima lo provocano con una certa insistenza e poi gli disintegrano la canna da pesca. Clete Purcel, sarà per la condizione bucolica, sarà per l'età, riesce a mantenere la calma davanti a, parole sue, "gente che non ha la minima idea di quello che gli passa per la testa. Altrimenti si sarebbe già sparata". Passi la provocazione, e pure la canna in grafite con mulinello e tutto quanto, ma qualcosa di quell'episodio non torna nei conti di Clete Purcel. Una voce. Un gesticolare. Un nome. C'è tutto un passato che, da New Orleans a Las Vegas sembra destinato a emergere proprio lì nel bel mezzo del Montana. Ci vorrà poco e lui e il suo gemello, ovvero Streak alias Dave Robicheaux saranno travolti da un coacervo di speculazioni, violenze, tradimenti, vendette, intrighi e quanto peggio l'animo umano può riservare. Anche avendo "una laurea in modeste aspettative", come dice Streak ad un certo punto, alla fine bisogna battersi perché il mondo così com'è proprio non gli va giù, o meglio per dirla con James Lee Burke, "dove sta scritto che ci debba piacere per forza?", e infatti Clete Purcel e Dave Robicheaux non fanno altro che dare una piccola spinta agli eventi che poi ci pensano loro a rotolare giù dalla montagna. Con il consueto savoir faire che intreccia la saga dei due personaggi, un'infinità di luoghi comuni americani, dalla wilderness al country & western, un variopinto contorno di caratteri ritratti a tinte vivaci, una catena di colpi di scena senza un pausa e non poche rasoiate in tema di morale e affini, James Lee Burke colleziona un'altra tappa dell'infinita odissea di Dave Robicheaux. Niente di nuovo, gli ingredienti sono quelli e va bene così perché funziona tutto alla perfezione come sempre. Basta accontentarsi perché "purtroppo, l'illusione talvolta è l'unica cosa capace di non farci diventare pazzi, e non è proprio il caso di sottrarla agli altri nel momento in cui ne hanno maggiore bisogno". Puntuale alla meta.

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