giovedì 28 settembre 2023

Barry Gifford, Lawrence Lee

Nell’introduzione al Jack’s Book, Barry Gifford declama: “L’America fa delle richieste bizzarre ai suoi scrittori di narrativa. L’arte da sola non basta. Ci aspettiamo che ci offrano modelli sociali: è un’aspettativa così radicata da farci spesso giudicare le loro vite invece delle loro opere. Se dichiarano di appartenere a un movimento formale oppure vengono raggruppati in una generazione, noi siamo contenti perché questo semplifica l’uso che intendiamo farne. Se ci fanno il favore di offrirci un manifesto, questo viene applicato con la forza di un contratto”. È un bel punto della situazione: niente e nessuno come Kerouac si può riconoscere di più in questo processo e la sua personalità viene ricomposta attraverso “una grande conversazione transcontinentale, completa di interruzioni, contraddizioni, vecchi rancori e ricordi vividi che nell’insieme offrano una lettura dell’uomo attraverso le persone con le quali ha scelto di popolare le sue opere”. Kerouac è “un genio del ricordo”, capace di trascrivere ogni singolo istante e di adeguare di volta in volta la realtà ai suoi sforzi narrativi. John Clellon Holmes ricorda che “era affascinato dall’intonaco che cadeva a pezzi, dalle insegne al neon che sfrigolavano e dai derelitti che russavano nei portoni” e questa prospettiva verso i bassifondi e i sotterranei ha portato Gary Snyder a sostenere che “Jack era, in un certo senso, un mitografo dell’America del ventesimo secolo”. Assecondando le voci di quella che è, a tutti gli effetti, una storia orale, Barry Gifford e Lawrence Lee hanno la premura di sottolineare il valore letterario di Kerouac, ma ricordano anche che “l’uomo ha avuto la capacità di far muovere gli altri”. Diceva Thomas McGuane: “Kerouac mi ha messo in moto con la mia chiave personale verso l’autostrada”. È così che. attraverso un sincero fantasma il Jack’s Book, spalanca la cornucopia della Beat Generation: il racconto è avvolgente e, pur mantenendosi saldamente attaccato ai dati vitali di Kerouac, supera i confini della biografia e si mette in luce come un ritratto polimorfo della Beat Generation, nell’essenza dei suoi inizi, e nei momenti più gloriosi e drammatici. Nella ricostruzione del Jack’s Book non c’è glorificazione, agiografia, trionfalismo. Si percepisce il senso dell’avventura, o come diceva Allen Ginsberg: “l’idea di un cambiamento storico apocalittico”, che condivide l’omicidio di David Kammerer come la scintilla cupa che accende una luce sulla Beat Generation. Le mutazioni successive, rapide, spumeggianti, non indolori di quell’oggetto non identificato le riassume ancora Gary Snyder: “In qualche modo la Beat Generation è un insieme di tutti i modelli e i miti di libertà disponibili in America che erano esistiti fino a quel momento, vale a dire: Whitman, John Muir, Thoreau e il vagabondo americano. Li mettemmo insieme e li allargammo e diventò un motivo letterario, e poi vi aggiungemmo un po’ di buddismo”. Allen Ginsberg ricorda che erano tutti “vagabondi notturni intelligenti” e quello che si percepisce nello svolgersi del Jack’s Book è che i padri fondatori della Beat Generation erano, come esseri umani, dei lunatici outsider, e, se non fosse per la scrittura (a cui erano devoti, e non tutti) sarebbero stati soltanto dei disperati, Neal Cassady su tutti. Avidi di vita, alla spasmodica ricerca di quello che John Clellon Holmes chiamava “il fine ultimo delle cose”, gli amici si dimostrarono impotenti di fronte alla decadenza di Jack Kerouac, lasciato solo con tutto un mondo dall’altra parte del confine. Il crepuscolo è rappresentato con l’angoscia di un finale triste e solitario, ovvero “la storia di un uomo incapace di affrontare il proprio successo, incapace di mettere su una famiglia propria, di trovare pace, di prendersi cura della propria arte”. Non è stato l’unico e come dice Luanne Anderson: “Era stato un viaggio così felice, ma naturalmente nessuno aveva pensato al domani”. Il coro non potrebbe essere più unanime, per quanto, come diceva Allen Ginsberg: “Tutti mentono e ne esce fuori la verità”. Il senso raccolto da Barry Gifford e Lawrence Lee potrebbe essere proprio quello e Jack’s Book è un bagaglio prezioso che serve per partire verso innumerevoli direzioni alla scoperta e riscoperta di scrittori, letture, fughe e di un assoluto senso di libertà, ormai andato perduto.

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