venerdì 21 aprile 2023

Questlove

Il ritmo della storia si percepisce subito dallo stile di Questlove alias Ahmir Khalib Thompson, che del resto è un batterista pronto alla battuta: l’idea che persegue è raccontare gli anni americani, cercando di dare un senso a quel varco temporale rappresentato dal recente segmento segnato dalla pandemia. La musica viene scelta come un filtro potente che Questlove sa arrangiare per ogni momento e sa plasmare con un racconto intenso. La percezione degli avvenimenti dal 1971 a oggi, con una deviazione netta l’11 settembre 2001, comprende un fitto elenco di words & music da Curtis Mayfield a Stevie Wonder (“Quello che volevamo comunicare penso fosse che certe canzoni di protesta sono eterne, poiché il comportamento umano non cambia da una generazione all’altra. Uno potrebbe dire che si protesta invano, ma anche che si tratta semplicemente di un modo per documentare il comportamento delle persone a prescindere dal punto della storia in cui si è atterrati”) fino a Thriller di Michael Jackson, sinonimo di “il quadro generale” delle visioni pop che ha distinto il ventesimo secolo. In realtà, quello di Questlove è un riepilogo cronologico della Black Music, per dirla con Chocolate Genius, ed è molto cool, almeno nel senso che viene spiegato con grande precisione, ovvero esercitando l’opzione di “rimanere indietro rispetto al beat abbastanza a lungo da poter prendere una decisione intelligente senza palesare il fatto che si sta rallentando il ritmo a proprio beneficio”. La simbologia musicale è utile a comprendere come Questlove collochi quelle che Frederic Braudel chiama “istantanee di storia”, in un flusso che rilegge, rivede e/o riascolta con il diaframma positivo della musica perché “questo è uno dei modi in cui funziona la storia, quando funziona: la grande arte si diffonde nell’etere, ma anziché renderci più eterei ci rende più affilati, ci spinge a cercare ancora”. Insistere è in qualche modo è inevitabile perché, come precisa Questlove, “la storia accade due volte: la prima in occasione dell’avvenimento e la seconda quando le persone si rendono conto che è accaduto. La seconda volta per queste persone è la prima, perché non sapevano che fosse avvenuto”. Gli “avvenimenti” vengono riportati bianco su nero, come se fossero un negativo dell’altro corso, quello musicale, che ha la dimensione e il tono di una conversazione ed è naturale che l’avvento dell’hip-hop, come strumento linguistico di più di una generazione, imponga un’accelerazione e cambi tutto in modo radicale. Per dire, l’interessante collegamento tra campionamento e nostalgia, una delle tante e utili digressioni di Questlove a cavallo tra storia e musica, può essere un valido e distinto cardine nella lettura, con la precisazione che “ancora una volta, è una questione di scala. Trarre conclusioni su larga scala a proposito del modo in cui le emozioni hanno modellato un’intera nazione in un periodo specifico è una cosa, un’altra è fornire un resoconto dei cosiddetti avvenimenti privati che precedono e motivano le cosiddette decisioni pubbliche degli individui. Alla fine si tratta di un elemento importante, perché la storia ha a che fare con i movimenti delle persone, e ciascuna di essere prova emozioni, emozioni che hanno una certa presa su quelle stesse persone”. Quell’idea che, con il crollo delle Twin Towers in una splendida cornice di settembre, la storia sia collassata, se non proprio finita come già sosteneva Francis Fukuyama sul finire del ventesimo secolo, viene smentita a colpi di James Brown e Al Jarreau, Living Colour e Public Enemy, Sun Ra e Terence Trent d’Arby nonché una sterminata e favolosa playlist dove ancora una volta “emozioni universali, gestite correttamente, possono diventare dei passe-partout che aprono le porte situate lungo il corridoio della storia. Lo so che sembra una cosa buffa da dire”. Il tono, informale e accattivante, frizzante e drammatico aiuta a collocare la complessità di Musica è storia in un flow ricco e al tempo intellegibile, capace di comprendere e spiegare che “le cose cadono a pezzi e si uniscono. Le persone nascono e muoiono. La stessa cosa accade alla band, alle tendenze, alle tecnologie, alle guerre, alle nazioni, agli ecosistemi e alle specie. La storia si ferma e poi riparte, ma soprattutto continua ad andare avanti”. Resta la musica, quella sì che è una storia infinita.

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