martedì 5 febbraio 2019

James Baldwin

Tish alias Clementine e Fonny stanno scoprendo le gioie e il prezzo dell’amore. Sono cresciuti nello stesso quartiere e restando vicini cercano di stare lontani dai guai, avendo imparato da tempo che “nessun può sopportare per sempre la merda che ci tirano addosso”. Tish lavora in una profumeria, Fonny intaglia il legno, cenano in una trattoria ispanica e ascoltano Ray Charles, Aretha Franklin e Marvin Gaye. Si stanno scoprendo con sincerità, esplorando le possibilità dei loro corpi e hanno tutta l’intenzione di sposarsi, perché Tish è ormai in dolce attesa. Solo che Fonny è in carcere per un reato che non ha commesso: accusato di aver violentato una donna portoricana, non è prigioniero soltanto dell’ingiustizia, ma anche di un sistema che dai livelli più bassi, la strade e dintorni, a quelli più alti, le aule della legge, mantiene gli afroamericani, e le minoranze in genere, sotto scacco, impauriti ed emarginati. Una situazione per cui, come dice Tish, “era come se fossimo un quadro, bloccati nel tempo: questo era successo per centinaia di anni, gente si era seduta in una stanza in attesa della cena ad ascoltare il blues”. Se la strada potesse parlare alzerebbe la voce e direbbe più o meno quello che disse Joyce Carol Oates: “La singolare condizione in cui si trovano, quella di essere così indifesi dal punto di vista politico, sembra aver rafforzato, quantomeno nell’immaginazione di Baldwin, legami affettivi forti e profondi tra loro. Se la strada potesse parlare è una celebrazione davvero toccante e molto tradizionale dell’amore. Afferma non solo l’amore tra un uomo e una donna, ma un tipo di amore di cui la narrativa contemporanea si è raramente occupata: quella tra i membri di una famiglia, un amore che può giungere fino al sacrificio”. Questo è vero ed evidente nelle pagine dove James Baldwin racconta il confronto tra le rispettive famiglie quando si accorgono che per la gestazione di Tish e il processo di Fonny serviranno soldi che non ci sono e tempo che scivola via e quella è la più feroce delle condanne perché “il tempo non si poteva comprare. L’unica moneta che il tempo accettava era la vita”. Deve essere uno dei motivi per cui James Baldwin ha scelto di costruire la storia di Tish e Fonny scomponendo i piani temporali, usando i flashback per delineare, di volta in volta, i singoli protagonisti. Il coraggioso viaggio della madre di Tish a Porto Rico, all’inseguimento della donna che può scagionare Fonny, o il drammatico incontro con Bell, il poliziotto (bianco) che da solo esprime tutta la gravità di un’oppressione muta e incombente, spezzano le linee della trama, ma non tolgono nulla alla fluidità e costringono il lettore a mantenere molto alta la soglia dell’attenzione. L’uniformità e la scioltezza del racconto sono dovuti alla voce narrante di Tish, che James Baldwin interpreta senza eccessi, con grande equilibrio e districandosi abilmente tra le emozioni e il linguaggio che le esprime. Tutto ciò contribuisce a rendere Se la strada potesse parlare, come ha scritto ancora Joyce Carol Oates, “un romanzo costruito con sobrietà, in maniera quasi poetica, e può sicuramente essere letto come una specie di allegoria che rigetta i consueti accessi di violenza, preferendo piuttosto dare risalto alla natura provvisoria e incerta delle nostre vite”. Non era difficile da notare: attraverso i suoi personaggi, James Baldwin lo ribadisce spesso, ricordando che “il mondo vede quello che vuole vedere o, quando si arriva alla resa dei conti, quello che gli dici di vedere: non desidera sapere chi, cosa o perché sei” e che, d’altra parte, “non sappiamo abbastanza di noi stessi. Credo che sia meglio esser consci di non saperne niente, così si può crescere con il mistero e intanto il mistero cresce in te. Ma al giorno d’oggi, naturalmente, tutti sanno tutto ed è per questo che tanta gente di perde”. A mezzo secolo di distanza (Se la strada potesse parlare è del 1974), il dubbioso avvertimento è ancora validissimo, così come resta intatto e avvincente il “love affair” di Tish e Fonny.

1 commento:

  1. Ciao Marco, se ne hai voglia e lo hai visto mi dici cosa ne pensi del film?

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