venerdì 3 ottobre 2014

Tobias Wolff

A tutti gli effetti, La nostra storia comincia è un’antologia che copre gran parte della narrativa di Tobias Wolff, sia in termini temporali, visto che attraversa trent’anni della sua storia, sia rispetto alla gamma specifica dei temi dei racconti. Si va dal breve piccolo ritratto di vita suburbana in La porta accanto, un concentrato urticante di Richard Yates, John Cheever e Raymond Carver, fino agli spettri delle guerre americane in Usignolo e Gioia del soldato, dove ritorna l’ombra del Vietnam, già indagata da Tobias Wolff con Nell’esercito del faraone (un capolavoro). Il vero leitmotiv che lega la varietà di La nostra storia comincia è la scrittura, nitida, precisa, toccante. Nell’arco di poche pagine Tobias Wolff costruisce ambiente, personaggi, dialoghi (sempre notevoli), dettagli. Il ritmo è costante, altissimo e teso grazie alle triangolazioni matematiche che imprigionano i personaggi. In Cacciatori nella neve i tre protagonisti sono già in conflitto alla partenza della loro battuta di caccia e le condizioni climatiche estreme ne esasperano le tensioni. Un racconto crudo e abbagliante, come i riflessi sulla neve che li circonda (anche se altrove Tobias Wolff scrive che “la neve è sopravvalutata”). La stessa definizione geometrica è altrettanto chiara in Il fratello ricco e in Leviatano, perché, nonostante si tratti di una doppia coppia, i protagonisti alla fine sono un trio. Un’ossessione ribadita con Quella stanza, che comincia con quattro personaggi e finisce con tre, di cui uno assente fino al colpo di scena, comunque limitato “sorridere e sperare di voltare pagina”. Anche Il beneficio del dubbio, tra i racconti più recenti, è ancora una triangolazione (tra Mallon, Kadare e Miri, un borseggiatore) ambientata a Roma e così Il suo cane dove, caso piuttosto insolito, uno dei vertici è un animale con i suoi pensieri. Viene lasciato molto in sospeso nei racconti di Tobias Wolff che detta il necessario, lo strettamente indispensabile a concludere la narrazione, a identificare un tratto ben delimitato di emozioni e situazioni. La nostra storia comincia è pieno di “gente che non vorresti incontrare fuori dalle pagine di un libro”, personaggi sempre in bilico, traballanti nel loro precario equilibrio perché “sappiamo amare, sí, ma ce ne dimentichiamo di continuo”.  Sono coppie separate, in crisi, insicure, tradimenti, deviazioni di percorso, legami che si sfaldano perché “la mappa non rispecchiava la geografia, poco da fare”. Anche nei racconti più rarefatti, come Bacio vero, Tobias Wolff mostra di saper modellare la vita attraverso la letteratura (o viceversa) senza manipolare troppo quel fondo di realtà e limitandosi a seguirne l’evoluzione, che in fondo a La nostra storia comincia ha descritto così: “La verità è che non ho mai considerato sacri i miei racconti. Nella misura in cui restano vivi ai miei occhi, resta inalterato anche il mio interesse a esprimere al meglio quella vita. Una pratica che risponde ai bisogni di una certa irrequietezza estetica, ma allo stesso tempo una forma di cortesia, mi pare”. Una narratore di gran classe. 

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