mercoledì 28 ottobre 2020

Jeanine Cummins

In un mondo diviso e ferito, come dice Jeanine Cummins, i migranti “nella peggiore delle ipotesi li percepiamo come una massa di invasori e criminali che prosciugano le nostre risorse; nella migliore, come una folla di poveri senza colto con la carnagione scura, che chiedono aiuto a gran voce bussando alle nostre porte. Di rado pensiamo a loro come a esseri umani uguali a noi. Persone capaci di prendere decisioni, persone in grado di costruire un futuro luminoso non solo per sé ma anche per noi, come hanno fatto prima di loro tante generazioni di immigrati spesso disprezzati”. Ma “quelle persone sono persone”, e con Il sale della terra Jeanine Cummins riesce a scandagliarne a fondo l’essenza, che è sempre la ricerca di un confine da superare, un anelito indomabile verso la speranza, anche quando non c’è più. Trovato l’escamotage e la soluzione per legare Lydia, di professione libraia, al capo di un cartello di Acapulco, che sterminerà tutta la  sua famiglia, senza esitare, quando ne avrà la necessità, Jeanine Cummins si concentra sull’essenzialità che l’imminente pericolo impone. Unici sopravvissuti al massacro, la fuga rappresenta una vera e propria iniziazione per il figlio Luca e un’ordalia per Lydia che deve affrontare una lunga serie di prove bibliche per immaginare un futuro. Il punto di vista è costante e lineare, perché Lydia e Luca non hanno altra opzione se non lasciarsi alle spalle Acapulco e il Messico dilaniato da una violenza assurda e feroce. Con Gabriel García Márquez come guida, perché nei suoi Scritti costieri diceva che “anche se si sarà dimenticato tutto, si ricorderà il paese”, soprattutto i suoi fantasmi. Il viaggio è fatto di incontri, a volte fortunati, a volte no, con la consapevolezza che vivere è il minimo. Nella folla grigia che cammina del deserto, si arrampica sui treni, vaga in cerca di una via d’uscita e si nasconde nelle ombre, vige perlopiù il silenzio, ma “altri migranti sono come granate esplose, manifestano complessivamente la loro angoscia a tutti quelli che incontrano, spargono sofferenze quasi fossero schegge di una bomba, con la speranza di svegliarsi un giorno e scoprire che il fardello è diventato più leggero”. La dimensione letteraria le permette così di affrontare la dimensione disintegrata delle migrazioni moderne e, quasi cogliendo una delle scintille che La  strada di Cormac McCarthy continua a produttre, ci ricorda che solo l’amore filiale può salvarci, o redimerci. Il sale della terra porta tutte le cicatrici della realtà, ma lascia intravedere un barlume di luce, non tanto nella destinazione finale, che poi sono sempre gli Stati Uniti, quanto nella diffusa solidarietà disseminata lungo le rotte dei migranti. Senza quei piccoli e spesso insperati aiuti, cibo, acqua, riparo, ogni minimo gesto quotidiano diventano una sfida impossibile, se non proprio l’ennesima una tortura, anche quando la salvezza è a un passo, ed è facile identificarsi in Lydia che, giunta ala limite delle possibilità, “come uno di quei serpenti a sonagli del deserto, sperava cambiare pelle, di abbandonare l’angoscia sul suolo messicano. E invece il momento è già passato, e lei non se n’è nemmeno accorta. Non si è guardata indietro, non ha compiuto una piccola cerimonia per iniziare la sua nuova vita dall’altra parte. Quel che è fatto è fatto”. Nessuno ha un’alternativa, se non quella di imbarcarsi in un’odissea che prevede di pagare un pedaggio insopportabile, soprattutto per le donne. È a loro, in particolare che è rivolto Il sale della terra, come specifica Jeanine Cummins nell’utilissima nota conclusiva: “Ho intravisto uno spiraglio per un romanzo che indagasse un po’ di più il lato intimo di quelle storie, che immaginasse le persone sull’altra faccia della medaglia della narrazione prevalente. Persone normali, come me. Che avrei fatto, se il mio mondo avesse cominciato a crollare? Se le mie figlie fossero state in pericolo, fin dove mi sarei spinta per salvarle? Volevo scrivere delle donne e delle loro storie, che spesso vengono trascurate”. Una generosità rara, che merita davvero di essere ascoltata.

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